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venerdì 22 maggio 2020

Charly Gaul, l'arrampicatore del ciclismo

L'Angelo della Montagna doveva nascere in collina, nel Lussemburgo. Granducato la cui cima più alta è la Kneiff, 560 metri sul livello del mare. Collina per l'appunto, perché sotto la fatidica quota dei 600 metri. 


Charly Gaul nacque l'8 dicembre del 1932. E si accostò al ciclismo da ragazzo. Di corporatura esile eppure tenace, era e si definiva un peso piuma. Arrampicatore naturale, grimpeur d'elezione, correva scegliendo il rapporto più agile. Un rapporto "da maestrina" avrebbe osservato un giorno Mario Fossati, documentatissimo e acutissimo suiver. Appena esordì, Gaul venne subito accostato a Gino Bartali, allora considerato, come oggi, il più grande scalatore della storia del ciclismo. Come Bartali, Gaul scattava a ripetizione, fuori sella e diventava imprendibile. Tuttavia, se la pedalata di Bartali era potente e quasi violenta, quella di Gaul era leggera, angelicata. Come angelicato era il suo volto, al punto che Roland Barthes, critico letterario ed uno massimi intellettuali francesi negli anni '50 e '60, definì Gaul il "Rimbaud du Tour". Sì, perché ancora negli anni '50 il ciclismo lo seguivano tutti ed era più di uno sport.


File:Charly Gaul 1959 (cropped).jpg - Wikipedia
Charly Gaul, 1959
E Gaul fu protagonista al Tour de France, che vinse nel 1958, e al Giro d'Italia, che conquistò nel 1956 e nel 1959. Grandi corse a tappe che vinse da scalatore puro, come era successo a Bartali e come sarebbe accaduto a Van Impe, al Tour 1975, e a Pantani,  a Giro e Tour del 1998. Difficilissimo. Soprattutto all'epoca, quando per tante montagne c'erano altrettante cronometro, di solito pianeggianti, a favorire i grandi passisti. I Tour degli ultimi anni, quasi senza prove contro il tempo, Gaul li avrebbe vinti in serie.

La sua impresa più grande e più rammentata resta quella sul Monte Bondone, dove si concluse la ventunesima tappa del Giro d'Italia del 1956: era l'otto di giugno. Freddo polare, neve, condizioni proibitive, che tuttavia non convinsero Torriani a sospendere la corsa: sarebbe successo lo stesso 32 anni dopo sul Gavia! Gaul, che aveva un ritardo di 16 minuti dalla maglia rosa Fornara, uno capace di vincere quattro Giri della Svizzera, animò una fuga solitaria. Una fuga dal freddo. E vinse. Un trionfo omerico, mentre tanti corridori sfatti e assiderati, cercavano conforto nelle coperte e nella grappa. Ritiri e tanti arrivi fuori tempo massimo. Fu il Bondone a rivelare al mondo il talento ma anche la tempra di Charly Gaul. Prese la maglia rosa e la portò a Milano.

giovedì 2 gennaio 2020

Sono 60 anni senza Fausto Coppi

Premetto subito che, fossi stato ragazzo allora, avrei tifato per Bartali e non per Coppi. Per mille ragioni. Premetto anche che considero Bartali, complessivamente, più forte di Coppi, più solido, più continuo, più agonisticamente longevo. Del resto, il confronto tra i due, che molta parte ebbe nell'immaginario collettivo del secondo dopoguerra e ispirò pagine e pagine alle migliori firme del giornalismo europeo, non solo sportivo, fu un confronto piuttosto asimmetrico. Cinque anni di differenza, come ho già ricordato una volta, sono per solito molti nello sport. Si osservi soltanto che Bartali vinse la sua ultima grande corsa a tappe nel 1948, il Tour de France, a 34 anni, soglia biologica fatidica nelle gare ciclistiche di tre settimane. Lo stesso fu per Coppi, vincitore dell'ultimo Giro d'Italia nel 1953, proprio a 34 anni. E con ciò voglio dire che il miglior Coppi, che si vide a far tempo dalla doppietta inedita Giro/Tour del 1949, ebbe come avversario un Bartali che già declinava, pur restando capace di grandi imprese e secondo proprio a Coppi in quelle due magnifiche corse. Diversi, diversissimi, Coppi e Bartali, passista scalatore il primo, scalatore puro, autentico grimpeur il secondo, temperamenti opposti. Premesso tutto questo, Coppi, scomparso tragicamente il 2 gennaio del 1960, esattamente 60 anni fa, è la storia del ciclismo. Possiamo ben dire che il ciclismo è Fausto Coppi, anche Fausto Coppi. Come è stato ed è Gino Bartali e pochi altri grandissimi delle due ruote. La morte precoce ha donato, poi, a Coppi un'aureola leggendaria, i cui contorni erano già stati disegnati dalle sue fughe impossibili, dai suoi trionfi solitari, cui facevano da umano contraltare crisi improvvise, anche di fiducia, annate balorde, il 1950, il 1951, del ciclista più letterario dell'epoca moderna. La sua uscita di scena fu improvvisa e imprevista. Eppure, in un certo senso, tempestiva. L'epoca d'oro del ciclismo si avviava al tramonto. Un tramonto lungo ancora 15, 20 anni, certo, ma il sole si stava abbassando. I mondiali di calcio del 1958, trasmessi in diretta televisiva, avevano segnato il sorpasso del calcio. L'Italia non andava più tutta in bicicletta. Proprio nel 1960 sarebbe stata inaugurata l'Autostrada del Sole. Irrompeva la modernità. Nel costume, nella musica, gli urlatori contro il bel canto melodico, gli elettrodomestici s'installavano nelle case di città, presto i volti arcaici dei ciclisti avrebbero iniziato a stridere con i colori dei nuovi tempi. Coppi salutò la compagnia mentre tutto questo iniziava. Facendosi subito storia. La grande storia del ciclismo.

giovedì 9 marzo 2017

Alaphilippe può vincere il Tour de France

L'abbiamo scoperto, sulle Ardenne, nel 2015, Alaphilippe. E subito, esercitandomi nella vana arte del pronostico sportivo, mi avventurai a predire una sua vittoria in una grande corsa a tappe, magari il Tour. Lo scorso anno, Alphilippe ha stentato, ma comunque è tornato protagonista sulle Ardenne, mostrando il passo del grande grimpeur. Ieri, alla Parigi-Nizza, Alaphilippe ha vinto una breve e dura cronometro, mettendo in fila Contador e Gallopin, non due sconosciuti. Certo, non era una prova contro il tempo lunga e pianeggiante, ma, insomma è stato un successo, che mi pare confermare le grandi attitudini del giovane corridore francese, classe 1992, alle corse a tappe. La Parigi-Nizza, vediamo come la concluderà, non è il Tour de France. Eppure, ripeto, Alaphilippe ha il fondo e la classe per vincerlo, il Tour, un giorno non lontano.