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venerdì 9 novembre 2018

Fenomenologia di José Mourinho

Due partite, due gesti. Tre dita a rimembrare il triplete, sommo vertice della carriera sua e della storia recente dell'Inter, quando la Juve annaspava nelle difficoltà del dopo calciopoli; la mano portata all'orecchio, a chiedere: strillate ora, insultate ora, che vi ho battuto, a casa vostra, quando pensavate di aver vinto. Un modo da commedia per dire ai tifosi juventini: muti! Zitti e muti! In queste due immagini, all'esito delle due sfide di Champions League tra Juve e Manchester United, c'è tutta la fenomenologia di José Mourinho. Archetipico uomo di calcio, condottiero abilissimo e vanitosissimo e comunicatore massimo. Istrione nato. Uno come lui, nei salotti parigini della Terza Repubblica, avrebbe fatto impallidire l'immagine di un eroe letterario come Giogio Duroy, il celebre Bel Ami di Maupassant. Un aforista acutissimo, politicamente scorretto, con il gusto della sfida, della provocazione e del paradosso. Tutto in poche, fulminanti battute. Tanti sono intimiditi dalle grandi platee, dagli stadi, dalle folle rumorose e dalla stampa schierata. Mourinho no. Per questo tanti, per lo più i mediocri e gli ipocriti, non lo sopportano. Dal 2010 non è più l'allenatore dell'Inter, ma i rivali dell'Inter lo soffrono, ancora oggi, più di chiunque. Come capitava soltanto con Peppino Prisco e Nicola Berti.

"Zero tituli" marzo 2009. José Mourinho
"Negli ultimi giorni non si è parlato della Roma, che ha grandissimi giocatori ma finirà la stagione con zero tituli. Non si è parlato del Milan, che ha 11 punti meno di noi e finirà la stagione con zero tituli. Non si è parlato della Juve, che ha conquistato tanti punti con errori arbitrali".

José Mourinho

mercoledì 12 marzo 2014

Fenomenologia di Balotelli: 2^ puntata

Milan eliminato dall'Atletico Madrid, com'era prevedibile, e tutti, com'era prevedibile, a dare addosso a Balotelli. Insomma, il Milan ha la rosa più scarsa degli ultimi 25 anni, ma la colpa è di Balotelli. A capire qualcosa di calcio, però, dovrebbe sapersi, perché è autoevidente, che Balotelli è giocatore di colpi e non di prestazione. Ce ne sono stati altri nella storia del calcio, ci sono e ce ne saranno. Beninteso, ogni squadra di questi giocatori se ne può permettere uno e non di più. E, di solito, questi giocatori sono un valore aggiunto, una risorsa, un'opportunità. A capire di calcio. Il fatto che tutti, dico tutti, siano del parere opposto mi conforta, inverando il paradosso di Bacone. La fallacia della communis opinio

sabato 15 febbraio 2014

Fenomenologia di Balotelli

Tra critiche ripetute come una nenia di paese e generalmente qualificate come una nenia di paese, Balotelli ha segnato ieri il suo decimo gol in campionato, una prodezza balistica sensazionale, propiziando il successo del Milan contro il Bologna. I numeri di questo attaccante sono più eloquenti di tante avventurose speculazioni, che da anni si rinnovano intorno al suo nome, anzi intorno alla sua fenomenologia. Si tratta, in buona sostanza, di valutazioni ora apodittiche ora prevenute, comunque inappropriate, che muovono più dalle apparenze che dalla realtà sportiva di un campione, cui si domanda sempre un salto di qualità, una prova di maturità, una dimostrazione perpetua di un valore che, per ragioni in parte misteriose, suscita fastidio, antagonismo o, più prosaicamente, invidia. A 23 anni e mezzo, i 102 gol in carriera di Balotelli, molti decisivi, sembrano non bastare. E sorgono allora paragoni, strampalati, con altri calciatori di talento, che poi non sono riusciti a dare piena prova della propria classe. Non è il caso di Balotelli e non lo sarà. Sebbene si alleni di malavoglia, passeggi sovente per il campo, rincorra raramente gli avversari, Balotelli decide le partite. Come ha riconosciuto, e tanto dovrebbe far riflettere i suoi detrattori, anche Simeone, per temperamento e modo di stare in campo, agli antipodi di Balotelli. Per capirlo, basterebbe andare oltre le apparenze, illusorie per definizione, oltre la fenomenologia di Balotelli. Che è nato per giocare al calcio. E, mattane a parte, lo fa benissimo. Anche nei momenti topici, come nella semifinale degli Europei del 2012, nella finale di Fa Cup vinta dal City e tante altre volte che, per brevità, evito di citare.