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giovedì 18 marzo 2021

Champions: la solita Italexit

Succede da anni, qualche volta dopo, sì, ma succede da anni. Ad un certo punto della Champions League, c'è l'Italexit. Resta inteso poi, che l'eliminazione dell'Inter, addirittura quarta nel suo girone, sia stata pesante, come, quasi allo stesso modo, quella della Juve contro il Porto: i bianconeri hanno un monte ingaggi spropositato e Cristiano Ronaldo eppure, come lo scorso anno contro il Lione, sono stati eliminati da un avversario pacificamente più debole. Diverso il discorso per Atalanta e Lazio, uscite contro due squadre più blasonate e più ricche tecnicamente come Real Madrid e Bayern Monaco. Resta, tuttavia, la difficoltà internazionale del calcio italiano. L'ultimo titolo europeo rimane la Champions League dell'Inter del 2010. Anche la nazionale è reduce da due eliminazioni al primo turno ai mondiali (2010 e 2014) e persino dalla mancata qualificazione a quelli russi del 2018. E non ne farei, come certi pretesi esperti, una questione di ritmo. Che sarebbe più basso nelle nostre squadre e in serie A. Non è quello o non è tanto quello il problema. Che considero invece tecnico. La qualità offensiva latita, il dribbling è uno sconosciuto, il tiro da fuori una rarità. Il calcio italiano oggi è un calcio minore. Come gli capitò di essere negli anni '50. Succede, può succedere. Speriamo che non duri. Dalla mediocrità degli anni '50 si uscì attraverso una rivoluzione tattica, il perfezionamento del calcio di rimessa poi detto all'italiana, e con la fioritura, quella mai prevedibile, di campioni assoluti come Rivera, Facchetti, Mazzola, Riva. Campioni di quel livello - tolto, potenzialmente, il solo Zaniolo - non se ne intravedono oggi, pur essendoci giovani buoni calciatori; tatticamente, invece, non riconosco grandi novità. Giochiamo come gli altri, in Europa. Solo che loro lo fanno meglio. E con interpreti mediamente migliori. E perdiamo.

lunedì 27 luglio 2020

Storia breve della Serie A, che non è più competitiva

La Serie A, a girone unico, vede la luce nella stagione 1929/30. Esaurita da un lustro la tirannia del Genoa sul calcio italiano, nei primi decenni ancora sport elitario, parentesi quasi esotica nel contesto delle polisportive ginnastiche dell'epoca, comincia a rappresentare la crescente passione degli italiani per uno sport che di lì a poco diventerà di massa. E sarà, assieme al ciclismo, vero sport nazionale.

Fin da subito, il campionato italiano unificato è competitivo, non tutti possono vincere, ma possono vincere in tanti.

Anni '30: 5 scudetti della Juve, consecutivi ('31, '32, '33, '34, '35), 3 del Bologna, "lo squadrone che tremare il mondo fa", 2 dell'Inter, che porta il nome di Ambrosiana-Inter.

Anni '40: due titoli non si assegnano, perché l'Italia è occupata e divisa. RSI al Nord, Regno d'Italia al Sud. Comunque: 5 scudetti del Grande Torino, consecutivi (43', '46, '47, '48, '49), 1 dell'Inter ('40), 1 del Bologna ('41), 1, il primo, della Roma ('42). Vincono quattro squadre diverse.

Anni '50: è il decennio del Milan, che vince uno scudetto nel 1951, dopo 44 dall'ultimo, conquistato nel 1907. Nel dettaglio 4 scudetti del Milan ('51, '55, '57, '59), 3 della Juve ('50, '52, '58), 2 dell'Inter ('53, '54), 1 della Fiorentina ('56). Vincono quattro squadre diverse.

Anni '60: è il decennio della Grande Inter, che domina in Italia, in Europa e nel mondo. Ma anche il Milan vince in Europa. Quanto ai titoli nazionali: 3 scudetti dell'Inter ('63, '65, '66), 3 della Juve ('60, '61, '67), 2 del Milan ('62, '68), 1 del Bologna ('64), 1 della Fiorentina ('69). Vincono cinque squadre. Campionato molto competitivo cui fanno da specchio 4 Coppe dei Campioni e un Campionato Europeo, nel 1968, per l'Italia. Sarà un caso?

Anni '70: la Juve aumenta il suo vantaggio, ma vincono in tanti. Nel dettaglio: 5 scudetti della Juve ('72, '73, '75, '77, '78), 1, il primo e unico, del Cagliari ('70), 1 dell'Inter ('71), 1, il primo, della Lazio ('74), 1 del Torino ('76), 1 del Milan ('79). Vincono in sei!

Anni '80: il campionato italiano ospita, tutti assieme, i migliori giocatori del mondo. Alla vigilia della stagione 1984/85, in Serie A giocano, a parte i grandi italiani campioni del mondo in Spagna, Maradona, Rummenigge, Platini, Zico, Socrates, Falcao, Junior, Elkjaer, Briegel, Laudrup, Cerezo...Quanto ai titoli: 4 scudetti della Juve ('81, '82, '84, '86), 2 dell'Inter ('80, '89), 1, 1 della Roma ('83), 1, il primo e unico, del Verona ('85), 1, il primo storico, del Napoli ('87), 1 del Milan ('88). Vincono in sei! L'Italia vince il Mondiale 82, fa le semifinali agli Europei 1988 e conquista 2 Coppe dei Campioni, 1 Coppa delle Coppe, 1 Coppa Uefa.

Anni '90: nasce la Premier League e tanti campioni scelgono anche la Spagna, la Serie A non è più il centro del mondo, ma i più forti sono ancora, per lo più, qui. Quanto ai titoli: 5 scudetti del Milan ('92, '93, '94, '96, '99), 3 della Juve ('95, '97, '98), 1 del Napoli ('90), 1, il primo e unico, della Sampdoria ('91).

Anni 2000: lo scandalo di calciopoli toglie una finta innocenza alla Serie A, che comincia a marginalizzarsi, pur mantenendo, come si dice in statica, molta della forza acquisita. Lo scudetto del 2005, revocato alla Juve, non è assegnato, per il resto: 4 scudetti dell'Inter, consecutivi, (2006, 2007, 2008, 2009), 2 della Juve (2002, 2003), 1 della Lazio (2000), 1 della Roma (2001), 1 del Milan (2004). L'Italia vince due Champions con il Milan e, con dosi cospicue di fortuna, il Mondiale del 2006.

Anni 2010: il declino, che solo agli sprovveduti sembra improvviso, è inarrestabile. La Juve acquisisce potenza economica e politica senza precedenti. Inter e Milan passano di mano due volte. Il fair play finanziario cristallizza ed acuisce un divario ancora oggi da colmare. E così: 8 scudetti, consecutivi!!!, della Juve (2012, 2013, 2014, 2015, 2016, 2017, 2018, 2019), 1 dell'Inter, nell'anno magico del triplete (2010), 1 del Milan (2011).

Anni 2020: siamo all'inizio, tutto insolito, lo stop forzato per la pandemia Covid, ma lo scudetto, il nono consecutivo, va ancora alla Juve. L'Italia non vince una Coppa Europea dal 2010, la Champions dell'Inter di Mourinho. Colleziona due eliminazioni al primo turno ai mondiali (2010 e 2014) e addirittura non si qualifica a Russia 2018. Unica eccezione il secondo posto agli Europei del 2012. Sarò un caso? No, non lo è. Credo che quello appena toccato sia il punto più basso della Serie A.

mercoledì 15 novembre 2017

La rovina del calcio italiano: le scuole calcio

La locuzione scuola calcio mi ha sempre infastidito. Come se si potesse imparare a giocare. A giocare si comincia, dovrebbe cominciarsi, in modo naturale. Senza molte regole, senza grandi consegne, senza alcuna aspettativa. Un tempo, fino ai dieci anni almeno, si giocava per strada, in giardino, sui campetti oratoriali. Senza l'ombra di sedicenti allenatori, di solito giocatori mancati, e senza la supervisione ossessiva ed ossessionante di genitori competitivi. Quanto scritto oggi da Sconcerti, sul Corriere della Sera, lo condivido pressoché integralmente. Io, personalmente, ricordo che i triangoli imparavamo a chiuderli usando il muro come sponda. Che a stare in piedi, evitando simulazioni patetiche, ci tenevamo eccome, per non sbucciarci le ginocchia sull'asfalto. Lo stop si imparava con il super santos o con il più leggero super tele. E chi stoppava quei palloni, avrebbe stoppato con molta più facilità il tango e, vieppiù, il pallone di cuoio. Insomma, alle elementari, ma che scuola calcio bisogna fare? La nuova generazione di calciatori italiani frequenta la scuola calcio dall'età di 5 o 6 anni. Ma, come si può? Ed il gioco, il giuoco, del calcio, che fine fa? Vedere dei ragazzini obbligati a fare il fuorigioco, le diagonali, le sovrapposizioni,  è assurdo. Un Roberto Baggio, così, non potrà più nascere. Tutti i grandi talenti, quelli autentici, sono cresciuti per strada. Con questo non voglio dire, va da sé, che giocare liberi, su campetti di fortuna, renda tutti grandi giocatori. Per carità. Io non lo sono diventato e come me tantissimi altri. Epperò, la tecnica s'impara lì. E non si dimentica più. I grandi giocatori, quelli davvero capaci di fare la differenza, sono venuti tutti da lì.  Poi, ma solo poi, è giusto che venga la scuola. Dopo il gioco. Dopo aver giocato. Perché il calcio è prima di tutto un gioco. Ed allora ci sta che gli esordienti imparino, poco a poco, a sovrapporsi, a scalare. A conoscere le astuzie tattiche e le strategie del gioco. I giocatori italiani di oggi sono tutti mediamente più alti e più grossi di un tempo. Più strutturati. Sanno muoversi assieme. Epperò crossano male, stoppano peggio, tirano tre metri sopra la traversa. Non dribblano nemmeno un  birillo. Aveva più tecnica il Roberto Mancini, che, nel 1981, esordì con il Bologna in serie A, di tutti i pretesi trequartisti o fantasisti italiani di oggi messi assieme. Non credo che la FIGC abbia mai avuto tanti tesserati come oggi, nella sua storia più che centenaria. Ma, la modestia tecnica dei giocatori italiani attuali, tutti comprimari nelle grandi squadre, è imbarazzante. Troppa scuola calcio. Troppo presto. L'eliminazione contro la Svezia si spiega anche così.