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domenica 9 ottobre 2022

Filippo Ganna: record dell'ora. Coperti 56,792 km

Il nuovo record dell'ora del ciclismo è di Filippo Ganna: 56,792 km. Il campione azzurro l'ha stabilito ieri sulla pista di Grenchen, in Svizzera. È il quarto italiano a riuscire ufficialmente nell'impresa dopo Olmo nel 1935, Coppi nel 1942, Ercole Baldini nel 1956. Il primato di Moser, ottenuto con bici speciale fu invece revocato nel 2000 come, fra gli altri, quelli di Indurain, Rominger, Boardman tutti ottenuti con bici altamente speciali. Quanto tempo è passato dal primo record di Henry Desgrange - 35,325 km nel 1893 - poi ideatore e patron del Tour de France. La sua era una bicicletta senza cambi!

giovedì 20 gennaio 2022

Giro d'Italia 1982: 1. Hinault 2. Prim 3. Contini

Nel 1982 l'asso francese, melius bretone, Bernard Hinault tornò al Giro d'Italia, con l'idea di realizzare l'accoppiata con il successivo Tour de France. Accoppiata solo sfiorata nel 1980, quando aveva vinto il primo Giro, ma era stato costretto al ritiro alla Grande Boucle in maglia gialla. 

Quello di Hinault fu un trionfo annunciato, trapuntato da quattro successi di tappa e quindici giorni complessivi in maglia rosa. L'unico a tenergli testa fu il coriaceo svedese Tommy Prim, secondo sul podio finale di Torino a 2'35" davanti al compagno di squadra alla Bianchi, Silvano Contini a 2'47". Contini qualche settimana prima si era imposto a sorpresa alla Liegi-Bastogne-Liegi.

Silvano Contini

Quarto il grande scalatore belga Lucien Van Impe, che aveva quasi 36 anni eppure debuttava sulle strade del Giro, a 4'31". I grandi rivali del ciclismo italiano, Saronni e Moser, giunsero rispettivamente sesto e ottavo in classifica generale, con tre successi di tappa per il lombardo e due per il trentino. Saronni, in particolare, s'impose nella penultima tappa, la Cuneo-Pinerolo, che rievocava quella mitica conquistata da Coppi e raccontata da Mario Ferretti al Giro del 1949.

venerdì 14 gennaio 2022

Giro d'Italia 1979: trionfo di Saronni su Moser

Il Giro d'Italia nel 1979 partì da Firenze, con una breve cronometro di 8 km e si concluse, secondo tradizione prevalente, a Milano. La prima maglia rosa fu appannaggio di Francesco Moser, che sperava di vincere la sua prima grande corsa a tappe. E invece ad imporsi fu il giovane avversario, Beppe Saronni, classe 1957, che con Moser avrebbe dato corpo e anima e polemiche ad una rivalità clamorosa, seconda solo a quella tra Bartali e Coppi, nel ciclismo italiano. Almeno per l'intensità con cui la vissero i tifosi dell'uno e dell'altro.

Saronni e Moser
                                                                     Giro d'Italia 1979

Torniamo alla corsa. Moser mantenne la maglia rosa fino alla settima tappa, per cederla proprio a Saronni dopo la cronoscalata dell'ottava, 28 km da Rimini a San Marino. Saronni l'avrebbe tenuta fino a Milano, conquistando il primo di due Giri d'Italia, garantendosi anche tre successi parziali, compresa la cronometro conclusiva da Cesano Maderno al capoluogo lombardo. Moser avrebbe chiuso al secondo posto della generale a 2'09", terzo lo svedese Bernt Johansonn, già nono l'anno prima, che vantava anche l'oro olimpico in linea alle Olimpiadi di Montreal 1976. Quarto posto per il francese Laurent, vincitore della Freccia Vallone del 1978, quinto per Contini. Da segnalare anche il decimo posto di Visentini, coetaneo di Saronni, cui avrebbe conteso la vittoria finale nel 1983, perdendo, e nel 1986, vincendo.

La vittoria di Saronni, in parte annunciata, fece molto rumore. Era dai tempi del Coppi debuttante, nel 1940, che un corridore così giovane, 22 anni ancora da compiere, non s'imponeva in un grande giro con tanta, disarmante personalità. Il Giro del 1979, peraltro, era stato disegnato dal grande Torriani per favorire Moser, dislocando cinque prove contro il tempo lungo il percorso, che avrebbero dovuto spianare la strada al grande specialista trentino. Saronni superò il rivale tre volte sul suo terreno: oltre ai detti successi di San Marino e Milano, Saronni superò Moser anche nella crono della decima tappa da Lerici a Portovenere, vinta da Knudsen.

venerdì 25 settembre 2020

Imola 2020: Filippo Ganna oro a cronometro! Battuto Van Aert

Grandissima impresa per il ciclismo italiano ad Imola, sede dei mondiali di ciclismo 2020. L'azzurro Filippo Ganna ha da poco conquistato l'oro nella prova a cronometro, precedendo l'asso belga Van Aert di 26" e l'elvetico Kung di 29".

Si tratta del terzo successo stagionale per Filippo Ganna, dopo il campionato italiano di specialità e la cronometro della Tirreno-Adriatico. Ganna ha solo 24 anni e mi domando che corridore potrà diventare. Potrà vincere un Grande Giro? Certo è un colosso di 1,93 m per 86 kg, ma ricordo che Wiggins, pure in origine pistard e grande contro le lancette, non era poi tanto più piccolo: 1,90 m per 83 kg. E nel 2012 vinse il Tour. Presto per rispondere, probabilmente. Di certo, Ganna è un cronoman naturale, compostissimo in sella e capace di potenza assoluta.

La straordinarietà dell'impresa di Ganna risalta scorrendo l'albo d'oro. Il mondiale a cronometro si corre dal 1994 e mai un azzurro aveva conquistato l'oro. Quanto è forte Ganna? Si può paragonare, nell'esercizio contro il tempo, a Baldini o Moser? Il tempo dirà. Ma mi pare proprio di sì. Anzi, forse, vista l'impressione di forza che lascia, Filippo Ganna andrebbe accostato a Learco Guerra, che la stampa immaginifica degli anni '30 ribattezzò "La locomotiva umana".

mercoledì 8 luglio 2020

Tour de France 1984: l'apoteosi di Fignon

L'anno precedente il giovane Laurent Fignon aveva conquistato a sorpresa il suo primo Tour de France. Dando prova di classe superiore, soprattutto in salita. Tuttavia, la critica, e specialmente quella transalpina, aveva osservato e molto sottolineato l'assenza di Hinault, il dominatore del tempo delle grandi corse a tappe.


Nel 1984, Hinault, alla ricerca della quinta Grande Boucle, era però al via. Tutta la Francia attendeva il duello tra Fignon e Hinault. Che, tuttavia, si svolse più sui giornali che in corsa. Fignon aveva invece da smaltire la delusione sofferta al Giro, dove Moser gli aveva strappato la maglia rosa nella cronometro conclusa all'Arena di Verona, montando le avveniristiche ruote lenticolari.


File:Route of the 1984 Tour de France.png - Wikipedia
Tour de France 1984


Dopo il successo nel cronoprologo da parte di Hinault, cominciò infatti la grande cavalcata di Fignon. Che vinse, sul terreno prediletto dal gran Tasso bretone, la lunga cronometro individuale da Alencon a Le Mans: Hinault fu terzo a 49", preceduto anche dall'irlandese Sean Kelly. Il divario, tra i due grandi rivali si approfondì sui Pirenei. Nell'undicesima tappa, con arrivo a Guzet-Neige, Fignon diede altri 52" al rivale. Eppure Hinault sembrava ancora in corsa. 


Il trionfo di Fignon si celebrò sulle Alpi. Cominciò con il successo nella cronoscalata a La-Ruchere, il secondo posto, dietro il colombiano Lucho Herrera, sull'Alpe d'Huez che lo vestì di giallo, e i quasi tre minuti di distacco inflitti a Hinault, e l'ulteriore successo a La Plagne, dove Fignon diede altri tre minuti scarsi ad Hinault.


Laurent Fignon, Tour De France 1989 | Anders | Flickr
Laurent Fignon


A Parigi, dopo aver dominato anche l'ultima cronometro del giorno prima, Fignon vinse con 10'32" su Hinault e 11'46" sul giovane campione del mondo Greg LeMond: un'apoteosi. Il vertice più alto della carriera di Laurent Fignon. Per la prima volta in carriera, Hinault non vinceva una grande corsa a tappe portata a termine. Fignon, a quasi 24 anni, pareva predestinato ad una carriera leggendaria. Un corridore antico, Fignon perché costantemente votato all'attacco o al contrattacco, mai attendista, sempre avviato ad azioni sorprendenti e spettacolari. Distacchi come quelli appena ricordati, inflitti a corridori di tale spessore, profumano di anni '40 e '50. In quel Tour, Fignon e LeMond correvano nella stessa squadra. Fino all'anno prima, Fignon era stato compagno di squadra di Hinault. L'anno dopo, 1985, LeMond sarebbe passato in quella di Hinault. Cinque anni dopo, nel 1989, Fignon avrebbe perso da LeMond il possibile terzo Tour per la miseria di 8". Insomma, un podio magnifico, intricato, premonitore e letterario, quello del Tour de France 1984. Fignon, Hinault e LeMond hanno vinto, insieme, dieci Tour de France.

martedì 9 giugno 2020

Giro d'Italia 1985: il tris di Hinault! "Il Tasso" correva solo per vincere

Al Giro d'Italia del 1985 tornò a correre, per la terza volta, l'asso francese, anzi bretone, Bernard Hinault. Che aveva già conquistato la corsa della Gazzetta nel 1980 e nel 1982. Due su due. Che sarebbero diventate tre su tre. 


File:La volata a tre 1981.jpg - Wikipedia
Parigi-Roubaix 1981: nel velodromo di Roubaix, Hinault
precede De Vlaeminck e Moser


Moser, campione uscente dopo il sorprendente trionfo del 1984, coronato dalla straordinaria rimonta nella cronometro di Verona ai danni di Fignon, cercava un difficile bis. Molta attesa c'era anche per Saronni, dopo la deludente ultima stagione. E molta curiosità destava il giovane americano Greg LeMond.


Moser fu subito maglia rosa, aggiudicandosi, ancora a Verona, il cronoprologo. Alla terza tappa, il simbolo del primato si trasferì sulle spalle del suo grande rivale, Giuseppe Saronni, grazie all'affermazione della sua Del Tongo-Colnago, nella cronosquadre, bissata dal successo individuale a Pinzolo, il giorno dopo. In Val Gardena, passò al comando Visentini, che da anni dava segni di poter vincere il Giro, sempre senza riuscirci. Tenne la maglia rosa nove giorni, fino a Maddaloni, quando Hinault sbaragliò la concorrenza contro il tempo, balzò in testa alla classifica e ci rimase fino a Lucca, dove il Giro terminò con un'altra cronometro, questa volta appannaggio di Moser. Primo Hinault, secondo Moser a 1'08", terzo LeMond a 2'55". Saronni, pur vincitore di due tappe, non andò oltre il quindicesimo posto in classifica generale.

Hinault, di lì a poco, avrebbe vinto anche il suo quinto Tour de France, precedendo proprio LeMond, peraltro suo compagno di squadra a La Vie Claire. L'anno dopo, il 1986, sarebbe accaduto il contrario al Tour, primo LeMond, secondo Hinault. Che poi decise di ritirarsi, a soli 32 anni! Aveva sempre corso per vincere, generalmente riuscendoci, Hinault, e non avrebbe potuto accontentarsi di andare avanti per dei piazzamenti. Osservate la sua determinazione feroce nella foto, sopra riportata, della volata vittoriosa alla Parigi-Roubaix, corsa che detestava, ma che inseguì e conquistò con volontà incrollabile. Il manifesto della sua carriera: vincere! Nel 1993, commentando il duello Indurain/Rominger per la maglia gialla, Hinault sbottò, osservando la condotta di gara  troppo arrendevole dello svizzero: "Corre per essere secondo, non è bello per il ciclismo". Soltanto Merckx, che sprintava anche per i traguardi volanti, ha avuto, nel ciclismo, un desiderio di successo superiore a quello di Hinault. Desiderio di successo che Hinault, secondo il costume del tasso, in corsa dissimulava, in attesa di piazzare il colpo risolutivo. Non è, pertanto, un caso che, in una classifica a punti, certo opinabile, dei maggiori ciclisti della storia, Merckx ed Hinault siano risultati primo e secondo.

giovedì 4 giugno 2020

Giro d'Italia 1978: vince De Muynck, esordisce Saronni

"Ogni evviva si spegne per diventare cordoglio profondo e atto di fede" (Comunicato ufficiale del Giro d'Italia del 9 maggio 1978)
Il Giro d'Italia del 1978 si corse tra il 7 e il 28 maggio di un anno terribile per l'Italia. Due giorni dopo il via, fu ritrovato, in Via Caetani, a Roma, il corpo esanime di Aldo Moro, Presidente della Democrazia Cristiana, rimasto prigioniero dei brigatisti rossi per 55 giorni. Quel giorno, il 9 di maggio, a La Spezia, vince Saronni in volata, su Van Linden e Moser, ma nessuno festeggia. L'Italia è frastornata e sgomenta.
Caso Moro - Wikipedia
Ritrovamento di Aldo Moro
 a Roma, in Via Caetani, 9 maggio 1978
Alla vigilia, molti pensavano che il trentino Francesco Moser, secondo dietro il belga Pollentier l'anno prima, avrebbe potuto conquistare il suo primo Giro d'Italia. Si sarebbe invece fermato sul gradino più basso del podio, dietro il vincitore, un altro belga, Johan De Muynck e Baronchelli. De Muynk corre nella Bianchi, sotto la sapiente regia di Felice Gimondi al passo d'addio. Solo due anni prima, nel 1976, Gimondi aveva vinto il suo terzo Giro d'Italia, precedendo proprio De Muynck di soli 19". I molti arrivi veloci di quell'edizione sono contesi da Rik Van Linden, belga manco a dirlo, detto Rik III, perché successore, meno nobile e vincente, di Rik Van Steenbergen e Rik Van Looy, ed il ventenne Giuseppe Saronni, al debutto sulle strade del Giro e capace di aggiudicarsi tre tappe. Moser, che di successi parziali ne coglie quattro, due contro il tempo - indimenticabile quello in piazza San Marco a Venezia -, comincia a sentire con forza la rivalità con Saronni, destinata a diventare proverbiale negli anni a venire.

A Milano, primo De Muynck, secondo Baronchelli a 59", terzo Moser a 2'19", quarto Panizza a 7'57", quinto Saronni a 8'19".

Il successo di De Muynck, in maglia rosa per diciassette tappe, fu storico anche per un'altra ragione. Dopo di allora, nessun corridore belga avrebbe più vinto una grande corsa a tappe. Né sarebbe più salito sul podio di Giro, Tour o Vuelta.

martedì 2 giugno 2020

Giro d'Italia 1975: vince Bertoglio! Le 7 tappe di De Vlaeminck!

Nel 1975, il Giro d'Italia comincia senza il vincitore delle tre edizioni precedenti, il "cannibale" belga Eddy Merckx. Ed anche senza Francesco Moser, che molti, sopravvalutandone le doti da corridore a tappe, pensano possa diventare il riferimento italiano nei grandi giri. Moser andrà al Tour. Il pronostico è più aperto del solito. Ma, la vittoria finale di Fausto Bertoglio rappresenterà comunque una sorpresa.


File:Fausto Bertoglio 1975.jpg - Wikipedia
Fausto Bertoglio


Il percorso è disegnato per scalatori. Torriani immagina che Baronchelli, giunto ad una manciata di secondi da Merckx nel 1974, possa annettersi il Giro in salita. Giro che, non a caso, terminerà sullo Stelvio. Baronchelli, però, è giovane e patisce le attese. Le molte salite premiano lo scalatore spagnolo Galdòs, a lungo maglia rosa. Che perde proprio in favore di Bertoglio nella cronoscalata della 14^ tappa, che il medesimo Bertoglio si aggiudica. La porterà fino alla fine, precedendo Galdos di 41" e Felice Gimondi di 6'18". La difesa della maglia rosa sui tornanti dello Stelvio, raccontata da Claudio Ferretti sulla moto della Rai, entrò nella grande storia del ciclismo. Quarto, nella classifica generale, sarà il belga da classiche Roger De Vlaeminck, l'unico con i connazionali Van Looy ed Eddy Merckx a vincere tutte e cinque le classiche monumento. Il quarto posto al Giro del 1975 sarà il suo miglior piazzamento in una gara a tappe, impreziosito dal trionfo in sette traguardi parziali!

martedì 26 maggio 2020

I migliori cronoman della storia del ciclismo

Propongo una classifica dei migliori cronoman della storia del ciclismo.
  1. Jacques Anquetil
  2. Eddy Merckx
  3. Fausto Coppi
  4. Miguel Indurain
  5. Greg LeMond
  6. Francesco Moser
  7. Bernard Hinault
  8. Fabian Cancellara
  9. Learco Guerra
  10. Chris Boardman
  11. Ferdi Kubler
  12. Ercole Baldini
  13. Alex Zulle
  14. Bradley Wiggins
  15. Jan Ullrich
  16. Chris Froome
  17. Tom Dumoulin
  18. Tony Rominger
  19. Erik Breukink
  20. Alberto Contador

giovedì 21 maggio 2020

Roberto Visentini al Giro d'Italia: trionfo '86, amarezza '87. L'attacco di Roche nella tappa di Sappada

Contravveniva ad una delle regole non scritte del ciclismo, essendo di famiglia agiata. Come se avesse importanza! Roberto Visentini, classe 1957, era un corridore di moltissima classe, che ebbe un ruolo di primo piano al Giro d'Italia durante gli anni '80 e che avrebbe potuto recitare da protagonista anche al Tour de France, se soltanto non l'avesse disertato, come allora facevano i migliori ciclisti italiani da Moser a Saronni a Baronchelli. Tutti loro preferivano i ricchi ingaggi offerti dai circuiti che si organizzavano in tutta la Penisola nel mese di luglio!

Giro d'Italia 1986

Già nel 1983 aveva sfiorato il successo, Visentini, chiudendo secondo dietro il miglior Saronni di sempre. Visentini del resto, era un corridore completo, forte sul passo, abile in salita. Si rifece al Giro del 1986, l'ultimo della rivalità infinita tra Saronni e Moser. E se Moser, dopo l'inaspettato successo del 1984, era reduce dalla piazza d'onore dietro Hinault nel 1985, Saronni riemergeva da due stagioni agonisticamente buie. Proprio Saronni, grazie alla superiorità della Del Tongo nella cronosquadre, prese la maglia rosa nella terza tappa, salvo cederla per due giorni a Baronchelli, e riprenderla all'esito della Cosenza-Potenza, sesta tappa, quando vinse proprio Roberto Visentini.


Saronni correva con il piglio del leader ed inseguiva il terzo successo al Giro, che l'avrebbe appaiato a Brunero, Bartali e Gimondi. Tra i rivali, oltre Visentini, Moser e Greg LeMond, già terzo al Giro 1985 e prossimo trionfatore del Tour de France del 1986. La corsa si decise nella sedicesima tappa, da Erba a Foppolo, quando vinse lo spagnolo Pedro Munoz e Saronni perse più di due minuti da Visentini. Che avrebbe mantenuto la maglia rosa sino all'arrivo finale di Merano. Primo Visentini, secondo Saronni a 1'02", terzo Moser, a 2'14", quinto Greg LeMond a 2'26".

Giro d'Italia 1987

Nel 1987 la Carrera di Visentini era un autentico squadrone, paragonabile al team Ineos dei tempi nostri. Tutti assieme correvano Visentini, per l'appunto, l'irlandese Roche, già terzo dietro Hinault e LeMond al Tour del 1985, Guido Bontempi, ormai re dello sprint, ma anche Leali e Chiappucci, allora soltanto un gregario, e Schepers. E tutti loro erano al via del Giro d'Italia 1987.

Visentini vinse il cronoprologo di Sanremo e fu sua la prima maglia rosa. Che cedette subito a Breukink, olandese classe 1964, che proveniva anch'egli da famiglia agiata, di casa presso i Reali dei Paesi Bassi. La cronosquadre di Lido di Camaiore, vinta, ca va sans dire, dalla Carrera, mise sul trono della corsa Roche, che si era prima aggiudicato la cronometro dal Poggio a Sanremo: sì, non c'è errore, tre prove contro il tempo nello spazio di quattro giorni!

Sarebbe stata un'altra cronometro, di 46 km, da Rimini a San Marino, a restaurare il dominio di Visentini, capace d'infliggere al compagno di squadra Roche più due minuti di distacco. A quel punto, il bis di Visentini sembrava in cassaforte. Il corridore più forte, con il luogotenente più forte, quale molti ingenuamente credevano Roche, con la squadra più forte, e sul punto dubbi non ce n'erano, la Carrera. E invece no!

Nella tappa da Lido di Jesolo a Sappada, Roche mosse all'attacco della maglia rosa. E si obietterà: anche Coppi, nel 1949, nella Briancon-Aosta, attaccò con Bartali in maglia gialla e gliela portò via. Sì, ma Bartali era caduto e dolorante. E Binda, commissario tecnico della nazionale italiana, ordinò a Coppi di attaccare. Invece, in quel Giro 1987, Roche fece di testa sua. Si sentiva più forte di Visentini e disobbedì a Boifava che gli chiedeva di desistere da quell'azione. Ch'era azione d'insubordinazione. La Carrera, tolto il belga Schepers, tirò per riprendere Roche, senza riuscirci. La tappa andò a Van der Velde. Visentini accusò Roche di tradimento del patto di squadra. Polemiche feroci. Roche da lì sino alla fine in maglia rosa, cercando fuori dalla Carrera il sostegno di cui aveva bisogno in corsa, fu oggetto di dure contestazioni sulla strada. Da parte non solo dei tifosi di Visentini, ma della gran parte dei tifosi italiani.

Giro d'Italia 1987 - Wikipedia
Stephen Roche in maglia rosa
al Giro d'Italia 1987
L'irlandese avrebbe legittimato il successo nella cronometro conclusiva da Aosta a Saint-Vincent, mentre Visentini si era già ritirato per una caduta. E, in quell'anno 1987, per lui incredibile ed irripetibile, Stephen Roche avrebbe conquistato anche Tour de France e campionato del mondo! Una sbornia di vittorie che l'avrebbe convinto a non correre per tutto il 1988. La carriera di Visentini, per contro, almeno ad alti livelli, finì lì.

mercoledì 20 maggio 2020

Giro d'Italia 1976: il tris di Gimondi!

Fu, quello del 1976, il terzo Giro d'Italia conquistato da Felice Gimondi, dopo i successi del 1967 e del 1969. Un Giro lottato e sofferto, che l'asso italiano si aggiudicò per soli 19" sul belga De Muynck e 49" su Bertoglio, vincitore dell'edizione del 1975.

File:Felice Gimondi - Giro d'Italia 1976.jpg - Wikipedia
Felice Gimondi in maglia rosa
al Giro d'Italia del 1976
Parlò belga, più fiammingo che vallone, quella corsa, visti gli acuti di De Vlaeminck, che conquistò gli arrivi di Caltanissetta, Cosenza, Lago Laceno e Arosio, e le tre vittorie del velocista Patrick Sercu. Ma, si misero in luce anche De Witte e Van Linden, oltre a De Muynk, rivale di Gimondi lungo tutta la Penisola. Tanti belgi, tranne il più celebre e forte e vincente, che pure quel Giro lo correva: Eddy Merckx. Proprio il campionissimo che aveva cannibalizzato l'ultimo decennio di corse, costringendo Gimondi, suo più tenace rivale, a moltissime piazze d'onore. Merckx non seppe recitare da protagonista in quell'edizione del Giro, sebbene reduce dalla settima affermazione alla Sanremo.

Gimondi vinse il Giro nella cronometro della penultima tappa ad Arcore, strappando la maglia rosa a De Muynk, secondo. Bertoglio, terzo, il giovane Francesco Moser, quarto a 1'07", Baronchelli, quinto a 1'35". 

martedì 19 maggio 2020

I migliori discesisti del ciclismo

Sulle salite si sale, ma dalle salite si scende. Molte grandi vittorie, nella storia del ciclismo, sono state costruite in discesa, dove il talento alla guida del mezzo, la compostezza in sella, il coraggio spinto fino all'ardimento, la scelta delle traiettorie più convenienti, la capacità di trovare e ritrovare un equilibrio dentro la precarietà, tutto questo assieme ha regalato momenti agonistici indimenticabili. Propongo una classifica dei migliori discesisti della storia del ciclismo.

  1. Fiorenzo Magni (Italia)
  2. Luis Ocana (Spagna)
  3. Gastone Nencini (Italia)
  4. Ferdy Kubler (Svizzera)
  5. Paolo Savoldelli (Italia)
  6. Samuel Sanchez (Spagna)
  7. Laurent Fignon (Francia)
  8. Peter Sagan (Slovacchia)
  9. Francesco Moser (Italia)
  10. Urs Freuler (Svizzera)
  11. Julian Alaphilippe (Francia)
  12. Wout Wagtmans (Olanda)
  13. Henri Anglade (Francia)
  14. Fabian Cancellara (Svizzera)
  15. Vincenzo Nibali (Italia)
  16. Andrè Leducq (Francia)
  17. Dmitri Konyeshev (Russia)
  18. Miguel Indurain (Spagna)
  19. Italo Zilioli (Italia)
  20. Romain Bardet (Francia)

lunedì 11 maggio 2020

Giro d'Italia 1980: il trionfo di Hinault, le sette tappe di Saronni

"La differenza  fra martire ed eroe è minima, un colpo di vento, la sfortuna. Io non voglio essere martire". (Bernard Hinault)
Quando, nel 1980, il bretone Bernard Hinault, detto Il Tasso, approdò al Giro d'Italia, nel suo palmares figuravano già una Vuelta a Espana e due Tour de France. L'Italia aveva un'agguerrita schiera di pretendenti alla maglia rosa finale, guidata da Saronni e Moser, rispettivamente primo e secondo nel Giro del 1979. E oltre a loro Baronchelli e il giovane Visentini, Panizza e Battaglin. Hinault era reduce dai freschi successi alla Liegi-Bastogne-Liegi e al Giro di Romandia.
Giro d'Italia ´82 | Tommy Prim, Bernard hinault, Lucien van ...
Bernard Hinault, al Giro del 1982 (che pure avrebbe vinto)
Cronoprologo a Moser, prima maglia rosa a Genova. Hinault s'impossessò del simbolo del primato a Pisa, dopo la seconda prova contro il tempo del Giro. Saronni uscì presto di classifica, avrebbe comunque chiuso al settimo posto e, quel che più conta, avrebbe vinto sette tappe! Impresa alla Binda o alla Guerra degli anni eroici del ciclismo. Nella settima tappa, ad Orvieto, acuto di Visentini, che strappò la maglia rosa ad Hinault, tenendola fino a Roccaraso, dove al successo parziale dell'asso francese fece seguito il primato in classifica dello scalatore Wladimiro Panizza, sempreverde dopo 35 primavere e tredici anni di carriera! Eppure Hinault già correva da padrone. A 26 anni mostrava, alla prima esperienza al Giro, la sicurezza del veterano. Scortato da un luogotenente d'eccezione, il connazionale Bernaudeau, uno spesso tra i primi dieci tra Tour e Vuelta. Proprio Bernaudeau avrebbe vinto la Cles-Sondrio, dopo fuga avviata per propiziare l'attacco di Hinault sullo Stelvio: strategia vincente. Hinault sfilò la maglia rosa a Panizza e la tenne fino a Milano. Primo Hinault, secondo Panizza a 5'43", terzo Battaglin a 6'30".
File:Wladimiro Panizza - Tour 1976.jpg - Wikimedia Commons
Waldimiro Panizza al Tour de France del 1976
Bernard Hinault avrebbe vinto altri due Giri d'Italia, in tutto tre in tre partecipazioni, nel 1982 e nel 1985, un'altra Vuelta e altri tre Tour de France: dieci grandi corse a tappe, solo una meno di Eddy Merckx! Ma fu anche dominatore di classiche. Persino della Parigi-Roubaix, che pure detestava, ritenendola un'anacronistica via crucis. Diceva di sé di essere prima bretone e poi francese. Fu amato, in Francia, meno di Anquetil, molto meno di Poulidor. Ma, i francesi hanno graduatorie di affetto tutte loro.