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lunedì 17 maggio 2021

Serie A: 1961-2021. Cos'è cambiato?

Un arbitraggio così mediocre, da suscitare le critiche di tutta la stampa estera, sospesa tra incredulità e ilarità. Perché non si era ancora visto un calciatore pestare la gamba di un avversario - come ha fatto Cuadrado con Perisic - e ottenere un rigore irreale persino in una fiaba. Proteste e indignazione tra i tifosi altrui, perché così la Juve ha vinto una delle tante partite che, nella sua storia, non avrebbe meritato di vincere. E la lotta per la qualificazione alla prossima Champions s'è infiammata. E se il Napoli pare padrone del suo destino: è in vantaggio e affronterà il Verona in casa. Il Milan, invece, dovrà espugnare il campo dell'Atalanta, che, sulla carta, appare più impervio di quello del Bologna, che accoglierà le truppe bianconere. Va sempre allo stesso modo. Anche 60 anni fa, andava così. Stagione 1960/61, Juve-Inter nel ritorno e invasione di campo di spettatori non paganti. Vittoria data all'Inter a tavolino. Da regolamento. Appello della Juve, sentenza ribaltata. Gara da ripetere. Per protesta contro la Figc, presieduta da Umberto Agnelli, che era al tempo stesso presidente della Juve, Angelo Moratti mandò in campo la Primavera. Debutto e gol della bandiera per il giovane Sandro Mazzola. Nel 1998 Iuliano abbatté in area Luis Nazario da Lima in arte Ronaldo. L'arbitro Ceccarini vide, solo lui, un fallo del centravanti nerazzurro. Sfondamento in luogo dell'ostruzione. Simoni perse le staffe, restando incomparabilmente signorile. La settimana prima, a Empoli, la palla era entrata. Si era vista dagli spalti finire nella porta della Juve. Ma, a referto quel gol non fu mai messo. Ecco, quelli di sabato, perché non c'è stato solo il fantomatico rigore concesso a Cuadrado ma il gol, regolarissimo, tolto a Lautaro in mezzo a tanti altri errori, tengono il confronto con quelli che ho rievocato sopra. E tanti altri ne ho tralasciato. Il fiume degli errori sembra - ma potrebbe anche trattarsi d'illusione ottica, per carità - sempre sfociare nel mare della Juve. Quel che trovo strano è il silenzio, ora come allora, della stampa nazionale, non tutta, ma quasi tutta. Aveva ragione Mourinho.

venerdì 22 maggio 2020

In morte di Gigi Simoni. La sua Inter fu amatissima

Del personaggio non aveva la vocazione né l'attitudine né la costante ispirazione. Tutto in lui, dal modo di parlare, sempre pacato al tono degli abiti, rimandava al curato di campagna. Eppure Luigi Simoni, detto Gigi, nato a Crevalcore il 22 gennaio 1939, divenne, malgré lui, il simbolo della più grande ingiustizia avvenuta su un campo di calcio, popolarissimo a causa di quella sciagurata primavera calcistica del 1998, quando, alla guida dell'Inter di Massimo Moratti e sua e di Beppe Bergomi e di Ronaldo, si vide strappare uno scudetto strameritato. E il modo ancor m'offende.

Simoni aveva masticato calcio sin da piccolo. Ed era stato calciatore di buon livello. Ala destra. Nel Mantova e nel Napoli e poi nel Torino. Persino nella Juve, per curioso scherzo del destino, chiudendo infine la carriera nel Genoa.
File:Luigi Simoni - Genoa 1893 1973-74.jpg - Wikipedia
Gigi Simoni con la maglia
del Genoa

Proprio con i rossoblu aveva intrapreso la carriera di allenatore, guidando Il Grifone a due promozioni dalla B alla A e a cinque salvezze nella massima serie, tra la metà dei '70 e la metà degli '80. Poi, era entrato in un cono d'ombra, allenando per lo più tra i cadetti, fino al ritorno al grande calcio, riportando la Cremonese in serie A e tenendocela tre anni. Nel 1996, l'approdo al Napoli. Bei risultati che convincono Moratti a regalargli la panchina dell'Inter, mentre ancora vi siede Hodgson

Nel 1997, Simoni è il tecnico dell'Inter. E dovrà allenare il miglior giocatore del mondo, Ronaldo. E con lui, davanti, Djorkaeff, Zamorano, ma anche Branca e Ganz, che presto cambieranno aria, e il giovanissimo Recoba. E ci sarebbe anche Kanu, reduce da un'operazione al cuore. Simoni è serio e preparato, abituato a suscitare il meglio dai suoi giocatori. Tra i quali ha voluto Diego Simeone, combattente argentino del centrocampo, e Moriero, ala com'era ala lui da giocatore. Restituisce a Bergomi un posto da titolare e lo vuole libero: decisione che regalerà al capitano nerazzurro il suo quarto mondiale, dopo l'esilio deciso da Sacchi.


File:FC Inter 1997-98 - Ronaldo e Luigi Simoni.jpg - Wikipedia
Gigi Simoni con Luiz Nazario da Lima, Ronaldo
Il problema è che, al netto di Ronaldo e delle attese, l'Inter stenta all'inizio. E voci di esonero si propagano ad agosto. Sarà Recoba, con il suo sinistro tonitruante, a salvare la panchina di Simoni contro il Brescia, rovesciando lo svantaggio firmato da Hubner. E tutto questo mentre tutti attendevano l'esordio con goleada di Ronaldo. Che si sblocca però la giornata successiva contro il Bologna. La squadra si compatta e diventa l'avversaria massima della Juve di Lippi. Contro cui Simoni vince all'andata. Fuga di Ronaldo sulla destra e tocco in rete di Djorkaeff a porta vuota. L'Inter si avvia a conquistare il suo quattordicesimo scudetto, rispettando la cadenza temporale dell'ultimo trentennio, uno ogni nove anni, nel 1971, nel 1980, nel 1989 e 1998. Invece no. La più maldestra, bizzarra, pacchiana e comica serie di errori arbitrali che io ricordi, toglie punti all'Inter, per darli alla Juve. Mi costerebbe troppo elencarli tutti. Certo che il gol annullato all'Empoli contro la Juve, con la palla dentro di un metro, e il celeberrimo atterramento di Ronaldo da parte di Iuliano, nella decisiva Juve-Inter del ritorno, si stagliano sugli altri per ineffabilità. In quell'ultimo caso, Simoni, il garbatissimo, elegantissimo Simoni, trascinato dallo sdegno, che è il contrario dell'ira ed invece il marchio del candore, entrò in campo, dicendo: vergogna. Fu espulso. L'Inter perse lo scudetto, conquistò la Coppa Uefa a Parigi, contro la Lazio, con un perentorio 3-0.

L'anno dopo Simoni ebbe da gestire un attacco pieno di stelle: a Ronaldo e Djiorkaeff e Zamorano e Recoba si aggiunsero Pirlo, allora trequartista, e Ventola, e sua maestà Roberto Baggio. Forse troppo. Farli giocare tutti assieme non si poteva e non si sarebbe potuto. L'Inter in Coppa dei Campioni perde nettamente all'andata al Bernabeu. Al ritorno, però, con doppietta del subentrato Baggio, il Real Madrid campione uscente viene regolato 3-1, qualificandosi ai quarti di finale. L'Inter vince anche la domenica in campionato. E Moratti, mentre Simoni ritira un premio come miglior allenatore della passata stagione, lo esonera. Perché? Mai capito, mai davvero spiegato. Moratti, anni dopo confesserà l'errore. Simoni venne poi sempre rimpianto dai tifosi nerazzurri. Per la signorilità, sì e senz'altro, per le vittorie, colte e sfumate, per l'ingiustizia del suo allontanamento, per i torti di un sistema che aveva mostrato la sua faccia feroce e ridicola proprio nel 1998. Sì, per tutto questo. Ma, anche perché seppe dare vita ad una squadra amata come poche altre nella storia dell'Inter. Per me, seconda solo a quella del 1989. Sì, ho amato l'Inter di Simoni più dell'Inter del triplete. E mi pare, nel ricordare Simoni, che non ci sia da aggiungere altro.

P.S.: andate a rivedere i minuti finali della vittoria in Coppa Uefa contro la Lazio. Sentirete Pizzul e il coro che dal Parco dei Principi si leva ritmato e solenne, accompagnando le battute finali di quel trionfo: Gigi Simoni, Gigi Simoni, Gigi Simoni...

lunedì 20 aprile 2020

Tributo a Joaquin Peirò

Voglio ricordare, a circa un mese dalla scomparsa, Joaquin Peirò, centravanti spagnolo della Grande Inter di Angelo Moratti ed Helenio Herrera. Già in forza all'Atletico Madrid, poi sarebbe andato alla Roma, titolare saltuario della nazionale spagnola, giocò nell'Inter dal 1964 al 1966. Gli ultimi anni del boom economico italiano. Di cui l'Inter divenne manifesto proverbiale, come proverbiale sarebbe diventata la sua formazione di Coppa, Peirò giocava solo in Coppa perché in campionato c'era posto solo per due stranieri in campo: Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Peirò, Suarez, Corso. Questa squadra, dalla difesa impenetrabile sotto il governo astuto e carismatico del capitano Armando Picchi, era un prodigio di verticalità e di ermetismo calcistico. Tre, quattro passaggi, per ribaltare l'azione e andare a rete. Contropiede fulminei, il lancio di Suarez, lo scatto di Jair o di Sandro Mazzola. Ma, non era solo questo. Perché c'era anche il ciondolare di Mariolino Corso, dal magico sinistro, finta ala, che inventava gioco sulla trequarti e c'erano le progressioni, mai viste prima, del tonitruante Facchetti, terzino ma anche ala, che Brera avrebbe voluto persino centravanti. Il centravanti, invece, in Coppa, era Peirò, rapido, tecnico, svelto. L'Inter campione d'Europa in carica, il 4 maggio del 1965 gioca le semifinali d'andata a Liverpool. Soffre l'atletismo inglese, sostenuto da un tifo pazzesco e perde 3-1: gol della bandiera, e della speranza, di Mazzola. Il 12 maggio, c'è il ritorno. San Siro, non ancora intitolato a Meazza, che è vivo e vegeto, è stracolmo. Una punizione a foglia morta di Corso sblocca il risultato. Raddoppia proprio Peirò, che ruba palla al portiere in palleggio, di sinistro, e segna di destro. Il Liverpool protesta, ma il gol è valido. Sarà poi Facchetti a segnare il gol del 3-0, e della qualificazione, dopo irresistibile discesa. La rete di Peirò diverrà il simbolo di quella rimonta dell'Inter, che poi batterà in finale il Benfica di Eusebio, con gol di Jair. 
File:Joaquín Peiró - FC Internazionale 1964-65.JPG - Wikipedia
Joaquin Peirò

giovedì 18 gennaio 2018

Ronaldinho si ritira: la sua carriera in 10 punti

Ronaldinho lascia il calcio. E ci sta, classe 1980, 38 anni da compiere, da un paio di lustri l'asso brasiliano aveva fatto un passo laterale rispetto al grande calcio, lampi di classe e prodezze distillati con crescente parsimonia. Epperò è stato uno dei migliori giocatori della storia, un 10 straordinario. Provo a raccontare la sua carriera, condita da 331 gol ed un'infinità di assist meravigliosi, in dieci punti.


  1. Forte da subito, si rivela durante la Coppa America del 1999, che il Brasile, con Ronaldo e Rivaldo e Roberto Carlos, vince. Ronaldinho resta ancora al Gremio, in patria, per una stagione.
  2. Nel 2001 approda al Psg. E non si può dire che brilli sempre. In un campionato, peraltro, non troppo competitivo. La leggenda vuole che i parigini insistano per avere Recoba in cambio di Ronaldinho. Non è così. O meglio, a Parigi Recoba è stimato. Ma, Moratti li vorrbbe entrambi, assieme. E' Cuper, all'esito della stagione 2002/03, a rifiutare Ronaldinho. Pare che dica: "dove lo metto?". Cuper verrà esonerato pochi mesi dopo. Ronaldinho finisce al Barcellona.
  3. Nel mezzo, ai mondiali nippo-coreani del 2002, Ronaldinho si laurea campione del mondo, segna due gol. Ronaldo è capocannoniere con 8 gol, Rivaldo ne segna 5. Ronaldinho parte da destra, posizione che ama poco.
  4. Nel 2003, si diceva, arriva al Barca. Ed esplode. E' un dieci atipico. Un fantasista laterale. Che parte da sinistra e si accentra. Scattante, inarrestabile in progressione, dribbling fulmineo, declinato in mille varianti, con l'eccellenza dell'elastico. Raggiunge l'apice del rendimento in un clasico autunnale del 2005: doppietta al Bernabeu, che deve tributargli un omaggio innaturale.
  5. Nel 2006, regala la seconda Champions della storia al Barcellona, ma, ai mondiali di Germania delude, coinvolto nel fallimento del quadrilatero: Ronaldo, Adriano, Ronaldinho, appunto, e Kakà. Si salva solo Ronaldo.
  6. Comincia, a 26 anni, un lento declino. Più agonistico che altro. Nel 2008 lascia il Barca, perché Guardiola vuole talenti applicati ai suoi schemi e perché è già esploso Messi, ed approda al Milan.
  7. In Italia, la classe è inalterata, ma in campo cammina. Il meglio lo fa da fermo, perché il suo piede destro ha una sensibilità unica.
  8. Perde dopo un poco la nazionale. Negli ultimi sette anni, cambia spesso squadra. Gli assolo non mancano. Ma, il calcio che conta si allontana.
  9. Il Ronaldinho degli anni 2003-2006 regge il confronto con tutti i migliori giocatori del mondo di sempre. Il suo repertorio di dribbling e di finte, unito ad una notevole complessione atletica nei periodi di miglior forma, ha pochi, pochissimi, riscontri.
  10. Ha fatto grandi cose in carriera. Ma, la sua carriera ad alti livelli, soprattutto osservata in rapporto al talento, è durata troppo poco.

lunedì 7 novembre 2016

Pioli all'Inter raccomandato dalla stampa. Ci sarebbe voluto Zenga

Pioli all'Inter. Raccomandato dalla stampa più che dai suoi meriti. Classe 1965, carriera di basso profilo, da calciatore gregario ad allenatore di provincia. Fino al salto alla Lazio. Buona la prima stagione, pessima la seconda. Gli si affida una grande tradizionale del calcio italiano come l'Inter. E non si capisce perché. Eppure si sono sprecati gli elogi per Pioli. Uno che quando parla induce sonnolenza. E' stato preferito, tra gli altri, a Zenga, cui la stampa specializzata, notoriamente modestissima, e gli invasati da tastiera, segno della decadenza dei tempi, hanno rimproverato fallimenti mai avvenuti. Perché dei campionati arabi, mi rifiuto di parlare. Quello non è calcio. Per il resto, Zenga ha vinto lo scudetto con la Steaua Bucarest, già vincitrice di una Coppa dei Campioni nel 1986, uno scudetto ed una coppa nazionale con la Stella Rossa di Belgrado, dove il tifo è formidabile ed il pubblico esigente, già vincitrice di una Coppa dei Campioni nel 1991. Ha ottenuto una salvezza comoda con il Catania, stagione 2008/09. E' stato esonerato ingiustamente da Zamparini al Palermo, nonostante 17 punti in 12 partite e la vittoria sulla Juve per 2-0. E' stato esonerato ingiustamente da Ferrero lo scorso anno alla Samp, nonostante 16 punti in 12 partite. Senza dimenticare che il successore Montella ha tenuto, poi, una media punti inferiore, evitando la retrocessione solo grazie alla bella partenza di Zenga, che aveva persino trasformato Eder in un goleador. Epperò Zenga è passato per un allenatore scadente, sebbene in carriera abbia un 43,5 % di vittorie, contro il 36% di vittorie di Pioli. Non pretendo che il calcio sia trattato come il basket americano, dove le statistiche sono dominanti. Tuttavia, le analisi, senza i numeri, sono sciocche, figlie di pregiudizi e del tutto inattendibili. Zenga ha pagato l'avversione di Moratti, che ancora conta nell'Inter, verso i campioni dell'era Pellegrini. Ed il carattere impervio, che gli ha fatto mancare amicizie influenti. Moltissimo mi hanno deluso tanti tifosi nerazzurri. Che hanno dimenticato Zenga oppure non l'hanno conosciuto da giocatore. Sentenziando come degli aruspici di Roma antica. Ora, tocca a Pioli. Spero di sbagliarmi, ma penso che sia stato un errore scegliere lui.

giovedì 3 novembre 2016

Zenga nuovo allenatore dell'Inter? Speriamo di sì

Tanti nomi, dopo l'assurdo esonero di De Boer. Da Pioli, tecnico perbene e preparato, ma non all'altezza dell'Inter, che oggi somiglia ad una polveriera. A Marcelino, chi? A Hiddink, che ricordo trionfatore in Coppa dei Campioni nel 1988! Sei scudetti in carriera, ma tutti in Olanda! E nessuna conoscenza diretta del calcio italiano. Leonardo, saggiamente, si è sfilato. E poi non è un allenatore. Persino Reja, che di calcio sa eccome, ha chiesto di essere lasciato in pace. All'Inter, ora come ora, serve solo e soltanto Zenga. Per il grande carisma, per la grande personalità, perché è storia nerazzurra. E, a dispetto di esoneri ripetuti, da allenatore ha un 43,5 % di vittorie, un 23 % di pareggi ed un 33,5 % di sconfitte. Medie migliori di Pioli, per esempio. Ha pagato, in questi anni, la diffidenza di Moratti verso tutti i campioni dell'era Pellegrini. Restituirebbe entusiasmo ad un ambiente scoraggiato e depresso. Almeno fino a giugno, Inter a Zenga! Lo merita Zenga. Lo merita l'Inter.

mercoledì 1 giugno 2016

Inter: la Cina è vicina

Inter ai cinesi! Thohir ci ha pure guadagnato. Moratti dovrebbe cedere le sue quote. Siamo una colonia ormai. L'Italia di Renzi! O tempora o mores! E Sturaro va agli Europei, qui il punto esclamativo non serve.

venerdì 4 marzo 2016

Recoba (#Recoba): 40 anni oggi 17 marzo 2016. La leggenda del Chino

Oggi, 17 marzo 2016, Alvaro Recoba compie 40 anni. Ritiratosi nel giugno del 2015, dopo avere trascinato il Nacional Montevideo alla conquista del titolo uruguaiano, il secondo per lui, Recoba ha detto basta. Il più discusso, controverso e divisivo campione degli ultimi 30 anni. Nessuno più di Recoba ha camminato sul filo del trionfo, cadendo spesso e più spesso rialzandosi, viziato da un talento sfacciato, fiaccato da un'indolenza proverbiale, letteraria, oblomoviana. Il suo piede sinistro è stato, tra i giocatori che ho visto, secondo soltanto a quello di Maradona. Eppure la sua carriera non ha conosciuto le soddisfazioni ed i successi, che sarebbe stato lecito attendersi. Pallonetti da cinquanta metri, gol olimpici, come, in Sudamerica, si definiscono le reti direttamente da calcio d'angolo, sassate scagliate da 20, 25, 30 metri. Dribbling in serie, finte, accelerazioni brucianti, in mezzo ad un caracollare stanco in mezzo al campo, con l'aria stralunata di chi si trovi lì per caso. Prediletto da Moratti, simbolo di un'Inter che si fermava sul punto di vincere, ha coltivato l'illusione di un calcio a tempo di minuetto nell'era della muscolarità ossessiva. Stimato dai compagni di squadra e dagli avversari, ha avuto generalmente cattiva stampa. Un grande campione sottovalutato. Anche da se stesso e dalle sue ambizioni. 

mercoledì 8 aprile 2015

Inter: torna Moratti? (#tornamoratti?)

Indiscrezione, già peraltro smentita. Resta comunque circolante la voce che vorrebbe Massimo Moratti deciso a riprendersi la quota di maggioranza dell'Inter, magari aiutato da Ernesto Pellegrini, già presidente dal 1984 al 1995, e Tronchetti Provera. La sensazione è che Moratti voglia tornare a decidere in prima persona, limitando però l'impegno economico. Andrebbe anche bene, per quanto mi riguarda. Deve comunque andarsene Mancini (#Mancinivattene). Detto questo, sarà vero? #tornaMoratti?

lunedì 24 novembre 2014

Dieci ragioni per cui Mancini non è l'allenatore giusto per l'Inter

Moratti ha una grande passione per l'Inter, ma, si lascia troppo influenzare dalle simpatie e dalle antipatie, nelle decisioni, ieri, nei consigli, oggi. Pare abbia raccomandato a Thohir di sostituire Mazzarri o con Mancini o con Leonardo. Gli eroi delle disfatte con il Villareal e con lo Shalke 04. Almeno io così li ricordo. E non con Zenga, che pure, con una squadra così malridotta, avrebbe potuto far valere quelle doti di condottiero amatissimo dal pubblico nerazzurro, che a Mancini mancano. Ecco dieci ragioni per cui Mancini non è l'allenatore giusto per l'Inter:
  1. Mancini ha apprezzato davvero un solo giocatore: Mancini stesso. Per se stesso ha avuto i riguardi che ha, da allenatore, negato a tutti gli altri. Ieri ha sbattuto Kovacic sulla fascia sinistra, costringendolo ad una brutta figura e privando la squadra della più importante fonte di gioco.
  2. Mancini patisce la tensione non meno di Mazzarri. Da giocatore si rifiutò di battere il rigore nella finale di Coppa delle Coppe con l'Arsenal. Da allenatore ha spesso mancato la vittoria sul traguardo, fallendo gli scontri diretti in Europa e rischiando di perdere lo scudetto del 2008. Che era perso, in effetti, Poi, entrò Ibrahimovic e la storia è nota.
  3. Mancini ha litigato con tutti i giocatori di taglia, fisica, pari o inferiore alla sua. Con Ibra no. E non per la mitezza del carattere dello svedese.
  4. Mancini non ammette le proprie responsabilità nelle sconfitte. E nemmeno nei pareggi. Di cui è sommo esperto: furono 18 nella stagione 2004/05.
  5. Mancini è allenatore da 4-4-2. Quando esce dal seminato, come ieri nel derby, ecco l'assurdità di Kovacic ala sinistra.
  6. Mancini viene da due anni di insuccessi tra Manchester City e Galatasaray, ma la scelta accurata delle sciarpe e delle scarpe, la stampa amica ed una certa dose di fortuna sacchiana l'hanno tenuto a galla.
  7. Mancini ha bisogno di grandi giocatori, insomma non è Zeman, ma neppure un aziendalista tipo Allegri o Garcia. All'Inter i grandi giocatori non ci sono, tolto Kovacic e, forse, Icardi.
  8. Mancini non è un grande motivatore, anzi è lunatico ed umbratile, con tendenza ad abbattersi alle prime difficoltà.
  9. Mancini se ne andò dall'Inter per libera scelta ed è tornato per l'ingaggio.
  10. Last but not least, da giovane tifava per la Juve.

mercoledì 29 ottobre 2014

Inter - Sampdoria 1-0: ancora un rigore di Icardi. Mazzarri salva la panchina

Partita equilibrata, con sopravvento dell'Inter quanto alle occasioni, che tuttavia sfumano per l'imprecisione ormai cronica di Palacio ed una certa sufficienza di Icardi. La Sampdoria del sopravvalutato Mihailovic, sopravvalutato anche da giocatore, ribatte colpo su colpo. Dopo una decina di minuti dall'inizio della ripresa infortunio per Hernanes che si stava disimpegnando bene. Al suo posto Kuzmanovic. Sarà alla fine proprio un intervento maldestro di Romagnoli su Kuzmanovic a propiziare il rigore per l'Inter, trasformato, come domenica a Cesena da Icardi. Pare che l'Inter si stia rimettendo in carreggiata. Mazzarri, che ha le sue responsabilità nella crisi recente, ha tenuto unito il gruppo ed aspettato che cambiasse il vento. Voglio dargliene atto. Detto questo, la rosa dell'Inter è da terzo posto. L'obiettivo dell'Inter è il terzo posto. Il destino di Mazzarri al terzo posto è legato. Stiamo a vedere. Per adesso, seconda vittoria consecutiva. Il che, per l'Inter di questi tempi, è una grande cosa.

sabato 8 febbraio 2014

Branca via dall'Inter: è ufficiale. Rapporto risolto consensualmente

Risoluzione consensuale, ringraziamenti di rito. Finalmente, Branca va via dall'Inter. L'annuncio ufficiale è da poco comparso sul sito dell'Inter. La responsabilità tecnica, per adesso, passa ad Ausilio. Che sia l'inizio di una nuova era? Sarei curioso di conoscere la sua buonuscita, insomma la sua liquidazione, atteso che Moratti lo aveva gratificato con un contratto a tempo indeterminato. Sulle ultime tre balorde stagioni dell'Inter, la firma di Branca è evidente. Se n'è andato ed era ora.

domenica 26 gennaio 2014

Crisi Inter: Thohir e Moratti assistono all'ennesima figuraccia dell'Inter, inchiodata al pareggio dal Catania

Nemmeno con il Catania più dimesso degli ultimi anni l'Inter riesce a trovare la vittoria. Terribile questo 2014 per i colori nerazzurri. La modestia del gioco, appena innervato dalle giocate di un Alvarez brillante, spiega la crisi nera nella quale l'Inter s'è infilata e dalla quale faticherà ad uscire. Milito, dopo l'infortunio, è ormai un ex giocatore, Palacio è tornato scarico dalle vacanze in Argentina, sicché segnare è un'impresa, che al solito fallisce. A centrocampo si stenta moltissimo con Cambiasso che va a passeggio e Kuzmanovic, che, dopo tutto, faceva panchina a Stoccarda e non capisco perché dovrebbe fare il titolare all'Inter. Uno scialbo 0-0, alla fine, reso più doloroso dalla vittoria in rimonta del Milan a Cagliari, con gol di Balotelli, emulo destro di Corso su punizione, e Pazzini. Due attaccanti che erano dell'Inter. I tifosi sono stanchi. O Thohir mette, con raziocinio, mano al portafoglio oppure è meglio che se ne vada subito. Soprattutto dopo una settimana che passerà alla storia per l'insipienza di una dirigenza che voleva regalare Guarin alla Juve in cambio di un Vucinic in disarmo.

lunedì 13 gennaio 2014

Una brutta Inter pareggia 1-1 con il Chievo. Il grande bluff di Thohir

Paloschi e Nagatomo, nel primo quarto d'ora. E' un pianto questa Inter dimessa e dimissionaria da se stessa di Tohir, il grande bluff. Senza soldi, quelli che Tohir non ha o non vuole investire, non si cantano messe. Questa è la verità. Pareggio imbarazzante contro il Chievo, altro che rilancio o riscossa. Era meglio Moratti, non c'è che dire. Almeno l'illusione di cambiare la squadra ci sarebbe stata. Ora, è svanita anche quella. Rolando, non quello di Roncisvalle, che impiega tre tocchi a stoppare, da solo, un pallone a campanile, è la fotografia della modestia assoluta della rosa attuale dell'Inter. Milito che non si regge in piedi raccoglie soltanto applausi di riconoscenza quando entra in campo. Mazzarri le prova tutte, anche con Ruben Botta, ma chi è? Almeno abbiamo evitato, come recita uno striscione, una figura da Milan. Ma, non siamo messi bene neanche noi.

domenica 28 luglio 2013

Dieci ragioni per dire no a Thohir. L'Inter è degli interisti

Se il calcio fosse soltanto affari, bilanci in ordine, prospettive di crescista, budget, alchimie finanziarie e via farneticando, sarebbe un'altra cosa: sarebbe l'economia globalizzata di questi tempi, che fa acqua come una nave cartaginese durante la prima guerra punica. Per fortuna il calcio è anche e soprattutto sentimento, affetto, speranza, molte illusioni, passatempo, divagazione, chiacchiere senza scopo. Di lucro. E si tifa per una squadra per una moltitudine di ragioni che se ne fregano dei soldi. E spesso anche delle vittorie. Detto questo, ecco dieci ragioni per cui a Tohir bisogna dire no. Nonostante tutto, nonostante Branca, nonostante Stramaccioni, nonostante le delusioni, ancora oggi Moratti è meglio di Tohir.
1. Tohir è brutto. Sicché bisogna diffidarne, come Omero diffidava di Tersite.
2. Tohir non è interista.
3. Tohir non sa alcunché di calcio, cui si accosta come un italiano si potrebbe accostare al cricket.
4. Nel calcio non ci si improvvisa.
5. Il sentimento di appartenenza, quello che in Moratti è fortissimo, in Tohir è assente.
6. Juventini e milanisti ed altri esponenti di tifoserie minori dicono che risolverebbe i problemi dell'Inter: indizio certo che bisogna fare il contrario.
7. La stampa nazionale, entusiasta perché Tohir ha offerto da bere, plaude all'avvicendamento. La stampa nazionale fa disinformazione remunerata. Occorre fare il contrario di ciò che consiglia.
8. Tohir non ha tutti questi soldi da spendere, porterebbe l'Inter al disastro in pochi anni.
9. Accettare soldi indonesiani, sarebbe una confessione di impotenza: meglio poveri che finanziati.
10. Moratti, al di là di tutto, ha dato tutto per l'Inter. Meglio Moratti di Tohir. Del resto, per tornare competitivi, basta licenziare Branca.

mercoledì 10 luglio 2013

Sarà Lavezzi il top player dell'Inter

Un top player, come ama dirsi oggi, all'Inter arriverà, parola di Moratti. E sarà Lavezzi, pupillo di Mazzarri. Lo sostengo da tempo: sarà un affare!

lunedì 8 luglio 2013

Serie A: comandano i soldi. Gomez alla Fiorentina, Belfodil all'Inter

Comandano i soldi in serie A, nel calcio in generale. E non da oggi. La Fiorentina sta allestendo una squadra in grado di puntare alla Champions League e di partecipare alla lotta per lo scudetto. Mario Gomez, nuova stella viola, è un centravanti di vaglia internazionale, autore di 247 gol in carriera, con una bacheca ricchissima, già centravanti del Bayern Monaco ed attaccante spesso titolare della nazionale tedesca. Un colpo rumoroso quasi quanto lo fu quello di Socrates negli anni '80. Il grande Socrates poi si adattò poco al calcio italiano, Gomez, ne sono convinto, farà grandi cose. E' completo, esperto e dotato di temperamento. La Fiorentina ha i soldi, tutto qua. Quei soldi che mancano all'Inter, che Gomez se lo sogna e deve accontentarsi di Belfodil. Mentre Moratti valuta l'offerta di Tohir.

venerdì 24 maggio 2013

Stramaccioni esonerato: annuncio ufficiale a minuti. Branca ha già parlato con Stramaccioni

Ci siamo, esonerato Stramaccioni. La decisione è stata comunicata in giornata al tecnico romano da Marco Branca. Siamo in attesa dell'annuncio ufficiale, che dovrebbe comparire a minuti sul sito dell'Inter. Fatale è stata all'ormai ex tecnico nerazzurro, più del campionato deludente ed incompatibile con la grande storia dell'Inter, l'ultima disastrosa parte di stagione, nella quale i giocatori sono andati per conto proprio, dimostrando che il rapporto con il tecnico era ormai saltato. Forse lunedì sarà annunciato l'arrivo di Mazzarri. Così ha deciso Moratti. Con molti mesi di ritardo!

lunedì 20 maggio 2013

Moratti sta decidendo: via Stramaccioni, arriva Mazzarri. O Zenga

La figuraccia contro l'Udinese, e quando mai l'Inter aveva preso cinque gol al Meazza!, pare abbia vinto la riluttanza di Moratti. Stramaccioni via dall'Inter, è questione di ore. Con Mazzarri in pole position per la panchina nerazzurra. L'ex tecnico del Napoli ha competenza, esperienza e carisma per guidare la rifondazione. I tifosi interisti, però, con molte ragioni, sognano il ritorno di Walter Zenga, simbolo dell'Inter quanto altri mai. Si vedrà. Ora, ciò che importa è che Stramaccioni, che ha portato l'Inter ad uno dei punti più bassi della sua storia, vada via. Esonero subito!

mercoledì 15 maggio 2013

Mazzarri è meglio di Stramaccioni. Almeno 500 allenatori italiani farebbero meglio di Stramaccioni.

Magari Mazzarri all'Inter. Non incarna il mio ideale di allenatore, come Mourinho o come, per altre ragioni, Zenga. Ma, insomma, non c'è confronto, per esperienza, conoscenza del gioco, strategia, tattica e carisma. Mazzarri vince di dieci biciclette, la dico così, perché si sta correndo il Giro d'Italia. Insomma, venga Mazzarri, venga Zenga. Venga uno dei tanti bravi allenatori italiani. Se ne vada Stramaccioni. Primatista di sconfitte nerazzurre: 15 in campionato in questa balorda stagione. Moratti decida presto!