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mercoledì 24 giugno 2020

Alberto Juantorena eroe a Montreal 1976. Storia delle Olimpiadi

Impresa unica nella storia dell'atletica leggera la vittoria del cubano Alberto Juantorena alle Olimpiadi di Montreal del 1976. Sì perché i 400 m e gli 800 m, che Juantorena vinse in quell'edizione dei giochi olimpici, sono fra di loro in relazione non solo aritmetica. La metà dell'uno e il doppio dell'altro. Nell'atletica sono terra di confine. Tra anaerobica e aerobica, tra velocità e resistenza. Non si pretende di trattare scientificamente la differenza. Ma, in estrema sintesi l'anaerobiosi indica quell'attività muscolare, rapida, intensa e violenta, che avviene senza attingere all'ossigeno presente nei tessuti. Tanto accade nei 100 piani, nei 110 hs, nei 200 piani. L'aerobiosi, al contrario, allude all'attività muscolare più lenta e costante, con approvvigionamento dell'ossigeno contenuto nei tessuti.

I 400 piani, da questo punto di vista, fanno stato a sé. Il giro della morte, così detto perché la velocità va mantenuta per un tempo ragguardevole. Tanto che già comincia a parlarsi di resistenza veloce, un ossimoro che cerca di spiegare un esercizio unico, impervio, di frontiera. Che quasi non è più di velocità pura ma che non integra ancora la vera resistenza. A detta di molti, gli atleti migliori sono propriamente i quattrocentisti.

Gli 800 m sono già mezzofondo. Occorre resistenza, senza dubbio, ma per emergere non si può essere lenti. Lo spunto veloce è necessario. Soprattutto nelle volate, che spesso decidono queste gare di grande difficoltà tattica. 

Fatto sta che, nessuno, ad eccezione del Juantorena di Montreal 1976, alle Olimpiadi, ma il discorso può estendersi a Mondiali ed Europei, è riuscito a svettare sia sui 400 che sugli 800. Ci sono stati ottocentisti capaci di vincere anche i 1500 m, penso a Sebastian Coe e Steve Cram. E duecentisti vincenti anche nei 400 m, come, massimo esempio, Michael Johnson o Van Niekerk, attuale primatista dei 400, che sui 200 ha fatto registrare grandi prestazioni. Ecco, questo si è visto e si vede con una certa periodicità.

Ed allora veniamo a Juantorena. Quattrocentista d'origine, dall'ampia e poderosa falcata, tanto che lo soprannominano "El Caballo", a Montreal corre prima gli 800, sui quali aveva poca esperienza e vince con il primato del mondo: 1'43"50. Poi fa il bis sui 400: 44"26. Congiunge, per la prima ed unica volta, velocità e mezzofondo. L'eccezione che conferma la regola.

martedì 14 aprile 2020

C'era una volta Giuseppe Saronni: 1^ puntata.

Classe 1957, Giuseppe Saronni, cresciuto in pista e azzurro alle Olimpiadi di Montreal 1976 nell'inseguimento a squadre, passa al professionismo nel 1977, che non ha ancora 20 anni. Il ciclismo si è appena lasciato alle spalle il lunghissimo regno di Eddy Merckx, mentre Gimondi, il maggior rivale del campionissimo belga, è alla penultima stagione della carriera. Le maggiori speranze italiane sono appuntate sulla classe e la tenacia del trentino Francesco Moser, uno che va forte dappertutto: si piazza nei grandi giri, vince le classiche, corre tutto l'anno, come qualcuno già non fa più. Saronni è un corridore unico nel suo genere. Ha uno straordinario spunto veloce, anzi, è proprio un velocista, uno che sa dominare le volate di gruppo, ma anche un fantastico finisseur, forte sul passo, si difende in salita, vuol vincere sempre. Va subito a bersaglio. Vince il Giro di Sicilia, breve corsa a tappe, si aggiudica tre classiche del calendario italiano: Giro del Friuli, Giro del Veneto e Tre Valli Varesine, la corsa più amata da Binda, che Saronni vincerà altre tre volte. Nel 1978, debutta al Giro d'Italia, dopo aver vinto la Tirreno-Adriatico ed un amaro secondo posto a Sanremo. Nella corsa della Gazzetta, Saronni è quinto, con tre tappe. Inizia una rivalità leggendaria con Moser. Nel 1979, Saronni vince da dominatore il Giro d'Italia e si sprecano i paragoni. Era dal successo di Coppi nel 1940 che un corridore così giovane non s'imponeva. Secondo è, manco a dirlo, Moser, a 2'09" da Saronni.

mercoledì 16 marzo 2016

Storia delle Olimpiadi (#Olimpiadi): #Montreal1976. La delusione di Mennea (19^ puntata)

Nel 1976 le Olimpiadi si tengono a Montreal, in Canada. L'Urss di Breznev domina il medagliere, precedendo la Germania Est, che ricorre, ma si scoprirà anni dopo, ad un uso sistematico del doping, ed agli Stati Uniti. C'è il boicottaggio della manifestazione da parte di molte nazioni africane. L'Italia continua nella sua parabola discendente, si classifica al quattordicesimo posto nel medagliere, assommando due ori, sette argenti e quattro bronzi. Klaus Dibiasi ottiene un leggendario terzo oro consecutivo, dopo quelli di Città del Messico e di Monaco, nei tuffi, piattaforma dai 10 m: è una delle pochissime soddisfazioni che toccano agli azzurri. Delude Pietro Mennea, che paga dazio alla responsabilità di favorito nei 200 m. Ottiene solo il quarto posto. Ma, saprà riscattarsi in modo straordinario. La sola medaglia per l'Italia, nell'atletica leggera, è quella d'argento conquistata da Sara Simeoni nel salto in alto: è l'inizio di una grande carriera per la Simeoni, che vincerà l'oro a Mosca 1980 e l'argento a Los Angeles 1984. Per restare all'atletica, nei 400 hs c'è la vittoria dello statunitense Edwin Moses, un prodigioso atleta che dominerà il decennio a venire, restando imbattuto tra il 1977 ed il 1987: Moses stabilisce il primato del mondo, correndo in 47"64. Fa qualcosa di ancora più grande, il cubano Juantorena, che, per la prima ed una volta nella storia dei giochi olimpici, vince sui 400 piani e sugli 800, l'ultima gara della velocità e la prima del mezzofondo: la sua falcata prodigiosa annichilisce gli avversari. Regina delle Olimpiadi è la ginnasta rumena Nadia Comaneci, che vince tre medaglie d'oro e vede assegnarsi numerosi "10" dalla giuria, comunicando un'idea di perfezione. (cfr. 1^ puntata2^ puntata3^ puntata4^ puntata5^ puntata,  6^ puntata7^ puntata8^ puntata9^ puntata10^ puntata11^ puntata12^ puntata13^puntata14^ puntata15^ puntata16^ puntata17^ puntata, 18^ puntata)