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martedì 23 maggio 2023

Giro d'Italia: sul Monte Bondone vince Almeida. Thomas in rosa

Sedicesima tappa del Giro d'Italia 2023, da Sabbio Chiese al Monte Bondone, dalla Lombardia al Trentino: cinque Gpm, due di prima, due di seconda e uno di terza categoria, distribuiti lungo un percorso di 203 km. Prevarrà di nuovo la prudenza? Damiano Caruso, come suggeriva stamane Bugno sul Corsera, e Thibaut Pinot potrebbero attaccare da lontano, avendo coraggio e gambe. Meglio la possibilità di vincere di un piazzamento certo, o no? Vediamo.

La cronaca. 

Questa volta la fuga non va in porto. Arrivati sul Monte Bondone, la UAE fa l'andatura e Bruno Armirail si stacca subito. Joao Almeida rompe gli indugi, ma riesce a guadagnare pochi metri su Roglic, Thomas, Kuss. Poi, cede Roglic, mentre Thomas torna sul portoghese. Roglic insegue con Kuss e l'irlandese Dunbar. Vince Joao Almeida in volata, con Geraint Thomas che torna in maglia rosa. Roglic è terzo, davanti a Dunbar, con 25" di ritardo. Finalmente una tappa, meglio una porzione di tappa, interpretata come merita la grande storia del Giro d'Italia.


mercoledì 21 ottobre 2020

A Madonna di Campiglio: vince O'Connor. Per il resto, molta noia

Diciassettesima tappa del Giro d'Italia 2020, da Bassano del Grappa a Madonna di Campiglio. Riparte l'assalto alla maglia rosa del portoghese Almeida, che deve difendere 17" di vantaggio su Kelderman e molto di più sugli più immediati inseguitori. Con tre Gpm di prima categoria: Forcella Valbona, Monte Bondone - ascesa resa mitica dalla tappa da tregenda vinta Gaul nel Giro del 1956 - e quella finale a Madonna di Campiglio: 203 km. Molti aspettano la crisi secca di Almeida, preannunciata domenica e smentita ieri. Se Nibali avesse le gambe giuste, oggi, dovrebbe provare ad attaccare già sul Monte Bondone.

La cronaca.

Va via la fuga. Il che significa già tanto. Vince l'australiano O'Connor, che riscatta il secondo posto di ieri. Nessuno dà battaglia alla maglia rosa di Almeida, che arriva fresco e relativamente riposato a Madonna di Campiglio. Una tappa sprecata dai suoi rivali. I quali, però, occorre pensare, forse non avevano le gambe per attaccare. E la preoccupazione di difendere o migliorare i piazzamenti ha pesato. Non darei troppa importanza alla querelle interna alla Sunweb. Sì, Hindley ha fatto uno scatto e ha chiuso Kelderman. Ma, nessuno dei due ne aveva abbastanza, secondo me, per staccare davvero il portoghese. Poi, qualche gelosia fa parte della storia del ciclismo. 

venerdì 22 maggio 2020

Charly Gaul, l'arrampicatore del ciclismo

L'Angelo della Montagna doveva nascere in collina, nel Lussemburgo. Granducato la cui cima più alta è la Kneiff, 560 metri sul livello del mare. Collina per l'appunto, perché sotto la fatidica quota dei 600 metri. 


Charly Gaul nacque l'8 dicembre del 1932. E si accostò al ciclismo da ragazzo. Di corporatura esile eppure tenace, era e si definiva un peso piuma. Arrampicatore naturale, grimpeur d'elezione, correva scegliendo il rapporto più agile. Un rapporto "da maestrina" avrebbe osservato un giorno Mario Fossati, documentatissimo e acutissimo suiver. Appena esordì, Gaul venne subito accostato a Gino Bartali, allora considerato, come oggi, il più grande scalatore della storia del ciclismo. Come Bartali, Gaul scattava a ripetizione, fuori sella e diventava imprendibile. Tuttavia, se la pedalata di Bartali era potente e quasi violenta, quella di Gaul era leggera, angelicata. Come angelicato era il suo volto, al punto che Roland Barthes, critico letterario ed uno massimi intellettuali francesi negli anni '50 e '60, definì Gaul il "Rimbaud du Tour". Sì, perché ancora negli anni '50 il ciclismo lo seguivano tutti ed era più di uno sport.


File:Charly Gaul 1959 (cropped).jpg - Wikipedia
Charly Gaul, 1959
E Gaul fu protagonista al Tour de France, che vinse nel 1958, e al Giro d'Italia, che conquistò nel 1956 e nel 1959. Grandi corse a tappe che vinse da scalatore puro, come era successo a Bartali e come sarebbe accaduto a Van Impe, al Tour 1975, e a Pantani,  a Giro e Tour del 1998. Difficilissimo. Soprattutto all'epoca, quando per tante montagne c'erano altrettante cronometro, di solito pianeggianti, a favorire i grandi passisti. I Tour degli ultimi anni, quasi senza prove contro il tempo, Gaul li avrebbe vinti in serie.

La sua impresa più grande e più rammentata resta quella sul Monte Bondone, dove si concluse la ventunesima tappa del Giro d'Italia del 1956: era l'otto di giugno. Freddo polare, neve, condizioni proibitive, che tuttavia non convinsero Torriani a sospendere la corsa: sarebbe successo lo stesso 32 anni dopo sul Gavia! Gaul, che aveva un ritardo di 16 minuti dalla maglia rosa Fornara, uno capace di vincere quattro Giri della Svizzera, animò una fuga solitaria. Una fuga dal freddo. E vinse. Un trionfo omerico, mentre tanti corridori sfatti e assiderati, cercavano conforto nelle coperte e nella grappa. Ritiri e tanti arrivi fuori tempo massimo. Fu il Bondone a rivelare al mondo il talento ma anche la tempra di Charly Gaul. Prese la maglia rosa e la portò a Milano.