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martedì 20 febbraio 2024

La scomparsa di Andreas Brehme leggenda di Inter e Germania

Zenga, Bergomi, Brehme, Matteoli, Ferri, Mandorlini, Bianchi, Berti, Diaz, Matthaeus, Serena (Inter dei record, stagione 1988/89)

Un magnifico terzino sinistro, Andreas Brehme, tra i massimi interpreti del ruolo nella storia del calcio. Ma, era stato anche un formidabile mediano prima di arrivare all'Inter, con il più famoso Matthaeus, nell'estate del 1988. Era già un colonna della nazionale tedesca, anzi della Germania Ovest, perché il mondo era ancora, per poco, diviso in blocchi contrapposti. Non tutti lo conoscevano a fondo. Si fece apprezzare prestissimo e divenne una colonna di una squadra indimenticabile, capace di vincere il campionato con quattro giornate d'anticipo, stabilendo il record di punti nei campionati a 18 squadre e lasciando il Napoli di Maradona, Careca e Alemao a -11 e il Milan di Sacchi e degli olandesi a -12.

Inter 1988-89

Brehme, classe 1960, era un professore del gioco. Letteralmente ambidestro, aveva una sensibilità di tocco da centrocampista offensivo. I  suoi cross furono autentica manna per il capocannoniere Serena. Elegante, dalla falcata poderosa, abilissimo in scivolata. Attaccava e difendeva, con e senza palla, con naturalezza disarmante.

Andreas Brehme
con la maglia dell'Inter

Dinamismo, forza fisica e tecnica di primissimo ordine. E calma. Calma imperturbabile, tipica dei più forti. Nella finale dei mondiali di Italia '90, il capitano e compagno di squadra Lothar Matthaeus, rigorista designato, lasciò proprio a Brehme la responsabilità di calciare il rigore che avrebbe regalato ai tedeschi il loro terzo titolo mondiale. Aveva soltanto 63 anni. Che la terra gli sia lieve.

mercoledì 14 aprile 2021

I 54 anni di Nicola Berti, bandiera nerazzurra

Difficile da credere, per chi abbia ancora nella mente il ciuffo ribelle di quando arrivò, ventunenne, da Firenze; la cavalcata impetuosa di Monaco di Baviera; le sette reti sette, tutte su azione, dello scudetto dell'89; il gol nel derby del 1993, annunciato e realizzato, dopo dribbling su Maldini e tunnel a Costacurta, punizione di Sosa e suo tremendo colpo di testa; il rientro nella primavera del 1994, salvezza, va da sé e Coppa Uefa, con firma in semifinale e in finale, replicando il gol nell'altra Uefa vinta nel 1991; le accelerazioni violente, le scivolate audaci, i tiri al volo; il gusto della polemica e le battute mordaci, gli aforismi beffardi che escogitava come solo Peppino Prisco. I milanisti, quando avevano la squadra più forte, fischiavano sempre loro due: Berti e Prisco. Fischi di paura e di rispetto. L'apologia dell'interismo, questo era ed è Berti. Difficile da credere, dicevo, che Nicola Berti compia oggi 54 anni. Non li dimostra. Invecchiato per niente. Come non sono invecchiati i ricordi delle sue prodezze, che scemarono negli ultimi anni solo per due infortuni dolorosissimi alle ginocchia.

Nicola Berti

Nato ala destra, divenne con Trapattoni, che doveva farlo coesistere con Bianchi, mediano d'assalto, guastatore, un moschettiere, d'ascendenza guascona, del centrocampo più forte della storia nerazzurra: con lui e Bianchi, c'erano Matteoli e Matthaeus. Pensando all'Inter, si pensa a Berti. Tra i primi. 

lunedì 19 ottobre 2020

Bergomi, Eriksen e Conte

I tifosi nerazzurri, io per primo, hanno le loro stranezze. Ma non capisco, e non sopporto, l'astio di molti di loro verso una bandiera, un simbolo come Beppe Bergomi, 756 partite con l'Inter, storico capitano. Lo vorrebbero tifoso e non commentatore equilibrato. Ora, gli rimproverano di essere troppo critico con Eriksen, ma non è vero. Ha solo detto, prima degli altri, che l'asso danese avrebbe faticato con Conte. E i fatti si sono, purtroppo, incaricati di dargli ragione. Conte non prevede il trequartista nel suo gioco. Al più una mezzala d'assalto. Come fu il Vidal prima maniera. Ha fatto eccezione solo per Hazard al Chelsea, perché il belga faceva tutto lui in campo e vinceva partite e partite da solo. A Bergomi, Eriksen ricorda Bergkamp, perché taciturno, distaccato, algido. Non un trascinatore. Forse anche Bergomi esagera, perché non tutti possono avere il carisma di Matthaus. Però, è vero che il calcio italiano è più tattico di quello inglese, che c'è meno spazio, che ci sono più marcature immediate e preventive. E che Eriksen deve adattarsi. Ora, io Eriksen lo farei giocare sempre, vertice alto di un rombo. Ma, fin quando l'allenatore sarà Conte, ecco perché Bergomi ha ragione nella sua analisi, difficilmente succederà. Purtroppo. Soluzioni: una svolta, oggi imprevedibile, di Conte verso una maggiore elasticità tattica. Prima e durante le partite. Servirebbe ad Eriksen. Servirebbe all'Inter. E allo stesso Conte, la cui carriera sarebbe molto condizionata da un'altra stagione senza vittorie. 

giovedì 18 giugno 2020

Bundesliga: 30 volte Bayern Monaco

Ha vinto anche l'edizione 2019/20 della Bundesliga, il Bayern Monaco. Ottavo titolo consecutivo, trentesimo assoluto. Un dominio nettissimo, laddove si consideri che, dietro la schiacciasassi bavarese c'è il Norimberga, con nove titoli, l'ultimo dei quali, però, risale al 1968! Per di più, attualmente, il Norimberga milita nella serie B tedesca.

La tirannia del Bayern Monaco sul calcio alemanno è tanto più significativa, se si pensi che, dopo il primo scudetto del 1932, dovette aspettare 37 anni per il secondo, nel 1969. Insomma, ancora fino a tutti gli anni '60, non solo il Norimberga, ma anche il Borussia Dortmund e l'Amburgo e il Colonia e lo Shalke 04 avevano fatto meglio.

Tutto cambiò quando un'irripetibile generazione di talenti, da Maier a Beckenbauer a Gerd Muller si ritrovò a vestire assieme la maglia del Bayern Monaco: tre titoli nazionali consecutivi dal 1972 al 1974 (ma anche tre Coppe dei Campioni consecutive dal 1974 al 1976). Ma, in rampa di lancio, per il ruolo di nuovo dominatore della Bundesliga, era anche il Borussia Monchengladbach di Berti Vogts, che aveva vinto nel 1970 e 1971 e avrebbe vinto anche nel 1975, 1976 e 1977. Prevalse il Bayern. Con la sua nuova stella, Karl Heinz Rummenigge, giunsero i titoli del 1980 e del 1981. Quindi una tripletta, con Lothar Matthaus e Brehme e Augenthaler tra il 1984 e il 1987, quando avvenne il sorpasso, con 10 titoli a nove, ai danni del Norimberga. Dopo di allora, altri 33 campionati di Bundesliga - nel frattempo alla Germania Ovest si sarebbe riunita la Germania Est - e 20 titoli, per giungere ai 30 di oggi!

Molte nobili del calcio tedesco di un tempo, soprattutto Amburgo e Colonia, sono decadute. Ha tenuto botta soltanto il Borussia Dortmund, che, negli ultimi 33 anni ha vinto cinque titoli. E poi il Werder Brema, che ne ha assommati tre. Per gli altri, soltanto le briciole. Poco, per ritenere davvero competitivo il campionato tedesco. Eppure la Germania, sempre considerando gli ultimi 33 anni, ha vinto: 2 Mondiali (1990 e 2014), 1 Europeo (1996) ed è stata ai mondiali anche una volta seconda (2002) e due volte terza (2006 e 2010), giocando altresì due finali europee (1992 e 2008).

lunedì 30 marzo 2020

Pallone d'oro 1972: 1. Beckenbauer. 2. Gerd Muller 3. Netzer

La Germania Ovest vince i campionati europei del 1972 e piazza tre giocatori in cima alla classifica del pallone d'oro. Franz Beckenbauer vince, è il Kaiser, dal latino Caesar, con la c pronunciata dura, è un elegantissimo libero, già superbo centrocampista, che reinventa il ruolo reso illustre da Picchi. Legge in anticipo le traiettorie, domina nel gioco aereo ed esce palla al piede, con finte e dribbling. Comanda il gioco, muovendo dalle retrovie. E, qualche volta, attraversa tutto il campo fino a battere a rete. Il libero alla tedesca. Dopo di lui verranno Stielike ma anche Matthaus, Schuster e Thoen, dopo gloriose stagioni spese a centrocampo, e Sammer. Secondo Gerd Muller, centravanti brevilineo, tozzo e sgraziato, mortifero in aera di rigore, sempre in anticipo sui difensori. Un goleador tremendo. Terzo è Gunther Netzer, che, per una volta, gioca al posto del grande rivale Overath, mancino compassato ed elegante, tutto raziocinio, mentre Netzer è un dieci potente, dalla grande progressione e dal tiro violento e preciso. Ha 48 di piede, eppure un controllo assoluto del pallone. Johann Cruijff è solo quarto, davanti al grande rivale nel suo Ajax, Keizer. Un litigio fra i due, per la fascia di capitano, farà sì che Crujff, l'anno dopo, lasci Amsterdam per Barcellona.

venerdì 2 gennaio 2015

Podolski nerazzurro: è ufficiale

Torna un tedesco all'Inter: Podolski, attaccante mancino, 48 gol con la nazionale tedesca e dieci anni di carriera alle spalle. Farà bene.

lunedì 26 maggio 2014

Storia dei mondiali di calcio: 15^ puntata (Italia '90, vince la Germania Ovest)

Dopo 56 anni, l'Italia torna ad ospitare i mondiali dopo quelli, peraltro stravinti, del 1934. L'Italia di Vicini, reduce dalle semifinali agli Europei del 1988 in Germania Ovest, ha i gradi di favorita, assieme alla stessa Germania ed all'Olanda di Van Basten, Gullit e Rijkard. L'inzio, però, è stentato. Vittoria sofferta contro l'Austria. Vialli è travolto dalle attese, il suo compagno d'attacco Carnevale capisce cosa significhi giocare senza Maradona alle spalle e ci vuole il subentrato Schillaci a rompere il ghiaccio con un gol di testa. Ne segnerà altri cinque e diverrà il capocannoniere di Italia '90, dei mondiali delle notti magiche come recita il titolo di una gettonatissima canzone cantata da Bennato e dalla Nannini. Contro gli Usa, seconda partita del girone, Vialli sbaglia un rigore prima di infortunarsi più o meno diplomaticamente. L'Italia vince con uno strepitoso gol del suo regista Giannini davanti ad uno stadio Olimpico festante. Contro la Cecoslovacchia ancora Schillaci e, finalmente accantonato Vialli, Roberto Baggio il grande. Parte da sinistra, scambia con Giannini, salta due avversari, e calcia con finta sapiente sul palo del portiere. Il mondo scopre il talento purissimo di un genio assoluto del calcio: in lui, Brera rivede i guizzi di Meazza. L'Italia avanza anche agli ottavi, battuto l'Uruguay con gol di Schillaci e di Aldo Serena, ed ai quarti, superata l'Irlanda ancora con Schillaci. In semifinale, l'Italia lascia Roma per giocare a Napoli contro l'Argentina di Maradona, che di Napoli è il re, gli hanno intonato canzoni, dedicato statue e finisce che i tre quarti del pubblico tifino Argentina piuttosto che Italia. L'Albiceleste, tolto l'immenso Maradona è poca cosa. Si salvano Burruchaga, che non è più saettante come in Messico, il libero Ruggeri, e l'attaccante "belli capelli" Caniggia. Vicini rispolvera Vialli e lascia in panchina Baggio: errore sesquipedale. L'Italia va in vantaggio ancora con Schillaci, ma Caniggia pareggia nella ripresa. La vulgata incompetente vuole Zenga responsabile di quel gol ed addirittura dell'eliminazione che seguirà. Una volta per tutte, Caniggia indirizza di testa all'angolino appena dentro l'area piccola. Se anche Zenga non fosse uscito, la palla sarebbe probabilmente entrata comunque. Peraltro, Caniggia viene lasciato colpire dallo stopper Ferri e non viene contrastato dal libero Franco Baresi, tutti campionissimi, che con Bergomi, capitano, e Maldini terzino sinistro, formano la difesa più forte che una nazionale italiana abbia mai schierato. Quello è il primo gol che Zenga subisce ai mondiali, dopo un primato d'imbattibilità che ancora resiste nella Coppa del mondo di calcio. Detto questo il tempo per recuperare ci sarebbe, ma Vicini non riesce a trasmettere la giusta carica ai suoi. Seguono supplementari e rigori. L'Italia viene eliminata, come accadrà anche quattro ed otto anni dopo. Nell'altra semifinale, sempre ai rigori, passa la Germania Ovest, capitanata da Matthaeus contro l'Inghilterra di uno strepitoso Gascoigne. In finale, sarà un rigore di Brehme ad assegnare alla Germania Ovest il terzo mondiale della sua storia. Seconda l'Argentina di Maradona, terza l'Italia che batte l'Inghilterra nella finale per il terzo posto. (1^ puntata2^ puntata3^ puntata4^ puntata5^ puntata, 6^ puntata7^ puntata8^ puntata9^ puntata10^ puntata11^ puntata12^ puntata13^ puntata, 14^ puntata)

mercoledì 10 ottobre 2012

I dieci migliori (centro)mediani della storia

Poiché si tratta di mettere assieme la migliore formazione possibile della storia del calcio, i ruoli hanno la loro importanza. E non sono soltanto undici. Nella mia squadra, a vocazione più offensiva, il mediano non è il corridore incontrista, ma, piuttosto il centromediano metodista, oggi si direbbe regista basso od arretrato. Sicché, insomma, ho scritto nel titolo (centro)mediani propriamente perché voglio scegliere quei giocatori che abbiano curato la regia della squadra. Nel metodo, il regista arretrato era appunto il centromediano. Segue la classifica, che contiene qualche forzatura, nel senso che Suarez e Matthaus, ad esempio, sono giocatori assai diversi, ma tutti e due sono stati facitori di gioco, mezzala di regia il primo, centrocampista d'assalto il secondo, ma all'Inter il gioco passava dai suoi piedi. Alla fine, il denominatore comune è il comando del gioco. Il resto è opinabile. Cosa ne pensate?
*Aggiornamento del 22 febbraio 2022: estendo la classifica ai primi trentacinque.
1. Suarez Miramontes
2. Falcao (Brasile)
3. Xavi
4. Andrade (Uruguay)
5. Matthaus
6. Billy Wright
7. Obdulio Varela
8. Clodoaldo
9. Rijkard
10. Modric
11. Luisito Monti
12. Bozsik
13. Vieira
14. Liedholm
15. Ardiles
16. Van Hanegem
17. Dunga
18. Pirlo
19. Duncan Edwards
20. Redondo
21. Xabi Alonso
22. Mario Coluna (Benfica)
23. Veron
24. Kroos
24. Roy Keane
25. Schweinsteiger
26. Emerson
27. Bulgarelli
28. Gerrie Muhren
29. Guti
30. Giannini
31. Ocwirk
32. Van Bommel
33. Fernandez
34. Cambiasso
35. Effenberg
36. Mascherano




sabato 25 agosto 2012

Comincia il campionato: l'Inter debutta a Pescara. Non convocato Maicon

Comincia oggi il campionato di serie A 2012/13: uno dei più poveri, tecnicamente, della storia. Ricordo che, dopo i mondiali vittoriosi del 1982, la serie A radunava i migliori assi della pelota. Falcao già c'era, poi, arrivarono, Platini e Boniek, Junior e Cerezo, Dirceu e Rummenigge, Zico, l'innarrivabile Maradona, quindi Gullit, Van Basten, Matthaus, Voeller. Una strepitosa sequela di fuoriclasse. Oggi, i migliori, con qualche eccezione, sono tutti altrove ed il tasso tecnico del nostro campionato è minore di quello della Premier League e della Liga, forse anche della Bundesliga. Meno soldi, ma, anche minori idee. La Juventus, campione in carica, parte favorita, il Milan, nonostante tutto, dirà la sua. La sorpresa potrebbe essere la Roma di Zeman: Totti tornerà a fare faville. L'Inter, invece, resta un'incognita. Cassano, Gargano e Pereira portano nuova linfa, ma Maicon quasi certamente andrà via. Domani, nella trasferta di Pescara, il brasiliano non ci sarà. E tutti capiscono perché.