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martedì 18 luglio 2023

TDF 2023: a Combloux trionfa Vingegaard: 1'38" a Pogacar

Cronometro letteralmente dominata, qualcosa di paragonabile alla cronometro del Lussemburgo stravinta da  Miguel Indurain nel 1992. Nella sedicesima tappa del Tour de France 2023, 22,4 km contro il tempo da Passy a Combloux, Vingegaard travolge la concorrenza e infligge un distacco di 1'38" al grande rivale Pogacar e addirittura 2'51" al compagno di squadra Van Aert. In classifica generale, ora Vingegaard ha un vantaggio di 1'48" su Pogacar e un'ipoteca forte sul successo finale a Parigi. Per rovesciare il suo trono, Pogacar dovrà attaccare da lontano, assumendosi anche il rischio di andare in crisi.

 

Tornando alla prestazione sbalorditiva di oggi, Vingegaard ha guadagnato 4,3 secondi al chilometro su Pogacar, uno che può considerarsi uno specialista contro il tempo ed è un campione autentico ed epocale. Nella cronometro del Lussemburgo che citavo sopra, Indurain diede 3' a De Las Cuevas in 65 km, guadagnando 2,7 secondi al chilometro. Sicché, a ben riflettere, quel che ha fatto oggi Vingegaard è davvero pazzesco.

venerdì 22 maggio 2020

Charly Gaul, l'arrampicatore del ciclismo

L'Angelo della Montagna doveva nascere in collina, nel Lussemburgo. Granducato la cui cima più alta è la Kneiff, 560 metri sul livello del mare. Collina per l'appunto, perché sotto la fatidica quota dei 600 metri. 


Charly Gaul nacque l'8 dicembre del 1932. E si accostò al ciclismo da ragazzo. Di corporatura esile eppure tenace, era e si definiva un peso piuma. Arrampicatore naturale, grimpeur d'elezione, correva scegliendo il rapporto più agile. Un rapporto "da maestrina" avrebbe osservato un giorno Mario Fossati, documentatissimo e acutissimo suiver. Appena esordì, Gaul venne subito accostato a Gino Bartali, allora considerato, come oggi, il più grande scalatore della storia del ciclismo. Come Bartali, Gaul scattava a ripetizione, fuori sella e diventava imprendibile. Tuttavia, se la pedalata di Bartali era potente e quasi violenta, quella di Gaul era leggera, angelicata. Come angelicato era il suo volto, al punto che Roland Barthes, critico letterario ed uno massimi intellettuali francesi negli anni '50 e '60, definì Gaul il "Rimbaud du Tour". Sì, perché ancora negli anni '50 il ciclismo lo seguivano tutti ed era più di uno sport.


File:Charly Gaul 1959 (cropped).jpg - Wikipedia
Charly Gaul, 1959
E Gaul fu protagonista al Tour de France, che vinse nel 1958, e al Giro d'Italia, che conquistò nel 1956 e nel 1959. Grandi corse a tappe che vinse da scalatore puro, come era successo a Bartali e come sarebbe accaduto a Van Impe, al Tour 1975, e a Pantani,  a Giro e Tour del 1998. Difficilissimo. Soprattutto all'epoca, quando per tante montagne c'erano altrettante cronometro, di solito pianeggianti, a favorire i grandi passisti. I Tour degli ultimi anni, quasi senza prove contro il tempo, Gaul li avrebbe vinti in serie.

La sua impresa più grande e più rammentata resta quella sul Monte Bondone, dove si concluse la ventunesima tappa del Giro d'Italia del 1956: era l'otto di giugno. Freddo polare, neve, condizioni proibitive, che tuttavia non convinsero Torriani a sospendere la corsa: sarebbe successo lo stesso 32 anni dopo sul Gavia! Gaul, che aveva un ritardo di 16 minuti dalla maglia rosa Fornara, uno capace di vincere quattro Giri della Svizzera, animò una fuga solitaria. Una fuga dal freddo. E vinse. Un trionfo omerico, mentre tanti corridori sfatti e assiderati, cercavano conforto nelle coperte e nella grappa. Ritiri e tanti arrivi fuori tempo massimo. Fu il Bondone a rivelare al mondo il talento ma anche la tempra di Charly Gaul. Prese la maglia rosa e la portò a Milano.

venerdì 6 aprile 2018

Le nazioni del ciclismo: Italia, Francia, Belgio, Spagna, Olanda, Lussemburgo e Svizzera

Ho aggiornato il post, per il resto valido, con riflessioni sulle ultime tre stagioni. Qualcosa è cambiato (vedi sotto in verde).

I primi di febbraio, ho cominciato a pubblicare una classifica a punti, certo opinabile, ma formata secondo criteri tutto sommato neutri, dei migliori ciclisti della storia*. Quanto al rendimento. Ha stravinto Merckx, con vantaggio enorme su secondo e terzo, rispettivamente Hinault e Bartali. Figuriamoci gli altri, più staccati. Ripeto, classifica di rendimento, legata ai risultati. Perché, sarebbe stato assai più difficile graduare il talento. Ma, di certo, Pantani avrebbe scalato moltissime posizioni in classifica, nella quale sarebbero entrati alcuni pionieri, rimasti fuori perché, ai tempi loro, molte corse ancora non c'erano. Ma, nemmeno questo è il punto del post. Scorrendo la classifica, si è riproposto un vecchio tema. Le nazioni del ciclismo, della storia del ciclismo, sono, per lo più, sebbene qualcosa stia cambiando, sette. Curiosamente, ma è una mera coincidenza, cinque su sette, sono le stesse che diedero vita, alla CEE: Italia, Francia, Belgio, Spagna, Olanda, Lussemburgo, e Svizzera. L'Europa unita, progetto fallito, secondo me, nacque con la Germania, allora Ovest, in luogo della Spagna. La Svizzera, si sa, sta sempre per conto proprio. La Spagna, tornando al ciclismo, ha iniziato lentamente. Ha avuto il suo primo grande giro nazionale, soltanto nel 1935, laddove il Tour de France si corre dal 1903 ed il Giro d'Italia dal 1909. Ed i primi grandissimi campioni soltanto negli anni '50, con Bahamontes, formidabile scalatore, e Miguel Poblet, passista velocissimo, capace di ben figurare anche nelle gare a tappe. L'Italia aveva già avuto quattro campionissimi: Girardengo, Binda, Bartali e Coppi. E campioni della statura di Guerra e Magni, per tacere degli altri. Da nessuna parte, però, il ciclismo era diventato religione laica come in Belgio. Ed il Belgio aveva dato formidabili corridori da corse in linea, ma anche dominatori di grandi giri. Il primo a vincere tre Tour de France, fu, per esempio, il belga Thys. Eguagliato dal francese Bobet, soltanto a metà degli anni '50. Poi, venne, per i belgi, Merckx, che vinse tutto, dappertutto. Diciannove classiche monumento: 7 Milano-Sanremo, 2 Giri delle Fiandre, 3 Parigi-Roubaix, 5 Liegi-Bastogne-Liegi, 2 Giri di Lombardia. Primato assoluto. Soltanto altri due suoi connazionali, Van Looy e Roger De Vlaeminck seppero vincere almeno una volta tutte le classiche monumento. Ma, Merckx vinse anche 5 Tour de France, come prima di lui Anquetil, e dopo di lui Hinault ed Indurain, 5 Giri d'Italia, come prima di lui Binda e Coppi, e dopo di lui nessuno. Una Vuelta a Espana. E tre campionati del mondo. Nel "dopo Merckx", però, i belgi, se rimasero competitivi nelle grandi corse di un giorno, quasi sparirono nelle grandi corse a tappe. Dopo la vittoria di De Muynck al Giro del 1978, nessun belga ha più trionfato tra Giro, Vuelta e Tour. Mentre, gli spagnoli hanno cominciato a farla da padroni. Con Lejarreta e Delgado, poi, più di tutti, Indurain e Contador, sette grandi giri a testa, passando per Olano ed Heras, per Sastre e Valverde, uno che ha vinto moltissimo anche le corse di un giorno, come, in parte, aveva saputo fare Oscar Freire Gomez, tre mondiali, tre Milano-Sanremo. L'Italia, negli ultimi cento anni, è rimasta costante, tolti pochi periodi di basso profilo. In tutte le competizioni su strada. La Francia, per contro, almeno nelle grandi gare a tappe, ha conosciuto, con dieci anni di ritardo, le medesime difficoltà del Belgio. Dal 1985, ultimo successo di Bernard Hinault a Parigi, non ha più vinto il Tour. E, dopo di allora, due soli grandi giri: con Fignon, il Giro d'Italia 1989, con Jalabert la Vuelta a Espana 1995. Soltanto da qualche anno, con Bardet e Thibaut Pinot è tornata competitiva nei grandi giri, pur senza vincerli. Anche nelle corse di un giorno, i francesi, dopo il ritiro di Jalabert, hanno vinto pochissimo. Quasi niente. Tolta la Milano-Sanremo con Demare. Sicché, in questo momento, la nazione guida del ciclismo, è la Spagna. Ma, qualcosa si muove. Per l'Olanda, ad esempio. Con Tom Dumoulin. Uno che, fossimo nei primi anni '90, quando al Tour, ed in parte al Giro, c'erano cronometro lunghissime, partirebbe sempre per vincere i grandi giri. Per la Gran Bretagna, sembrava il caso eccezionale di Froome chiacchierato ma vincente come pochi, e Cavendish, tra i maggiori velocisti di sempre, 30 tappe al Tour. Ma, se consideriamo il successo di Wiggins al Tour del 2012 e quello di Geraint Thomas al Tour 2018, con Simon Yates, che doma le salite di Giro e Vuelta, qualcosa sta cambiando nella terra d'Albione. Sono tornati nelle retrovie gli USA, che da 30 anni, svanita l'illusione Armstrong, non hanno più trovato un campione come Greg LeMond, tre Tour e due campionati del mondo. E nelle retrovie resta la Svizzera, che, del resto, è sempre andata a fiammate. Prima delle guerra, solo Heinrich Suter si staccò dalla massa. Poi, l'epoca d'oro di Kubler e Koblet, a cavallo tra anni '40 e '50 . Un lungo riflusso, fino a Tony Rominger, 3 Vuelta e 1 Giro, ma anche secondo al Tour e classiche vinte, ed Alex Zulle. Poi negli ultimi quindici anni, Fabian Cancellara, dominatore delle classiche del pavé, 3 Fiandre e 3 Roubaix. Anche il Lussemburgo arranca. Eppure, Nicolas Frantz fu tra i più forti corridori degli anni '20. E Gaul è stato, con Bartali e Pantani, il miglior grimpeur della storia. Dopo il ritiro dei fratelli Schleck, però, non c'è un campione lussemburghese. Forse, ma rimane indecifrabile, Bob Jungels. La nazione che ha compiuto più progressi, dopo aver fatto per decenni le cose migliori nel ciclismo su pista, è la Germania. Che dovette aspettare, per un campione, Rudi Altig negli anni '60. Poi, Junkermann e Thurau. Ma, il corridore tedesco più forte resta Ullrich e, dopo di lui, un velocista capace di vincere 4 Sanremo come Zabel. Epperò, oggi, la Germania ha un plurivincitore come Greipel, il miglior velocista del mondo come Kittel ed un movimento solido. E' diventata una realtà l'Australia, che ha Matthews e Caleb Ewan, dopo aver avuto Cadel Evans, vincitore di Tour e campionato del mondo, e McEwen, velocista di rango. Mentre, negli anni '80, il primo grande corridore aussie, Phil Anderson, costituiva una continua sorpresa. Si sono aggiunte nazioni come la Russia ed il Kazakistan e l'Ucraina. E la Slovacchia del maggior talento contemporaneo, Peter Sagan, uno che nemmeno sa quanto sia forte. E, ma da 30 anni, cominciando con Lucho Herrera, arrivando a Quintana, i grandi scalatori colombiani. 

*Aggiornamento al 29 marzo 2021.

La Francia ha trovato in Alaphilippe, vincitore della Sanremo 2019 e del campionato del mondo 2020, un nuovo grande campione. Bernal è stato il primo colombiano a vincere il Tour, nel 2019. Gli inglesi, negli ultimi 9 anni, si sono annessi 11 vittorie nei grandi giri: 1 Wiggins (1 Tour), 7 Froome (4 Tour, 1 Giro, 2 Vuelta), 1 Geraint Thomas (1 Tour), 1 Geoghegan Hart (1 Giro, 2020), 1 Simon Yates (1 Vuelta). Nessuno ha saputo far meglio in questo lasso di tempo. Roglic (2 Vuelta e una Liegi) e Pogacar (1 Tour) hanno messo al centro della scena ciclistica la piccola Slovenia. Insomma, le nazioni del ciclismo non sono più soltanto sette.

*Aggiornamento del 06 aprile 2022: Roglic ha vinto anche la terza Vuelta nel 2021 e Pogacar il secondo Tour oltre alla Liegi e al Lombardia. In questo 2022, ai loro successi si è sommata l'affermazione di Mohoric alla Sanremo. Dominio sloveno.

* Sono stati classificati i primi 162 ciclisti della storia, fino ad ora. Guida l'Italia, con 48 corridori.
Italia: 48 corridori
Belgio: 27 corridori
Francia: 19 corridori
Spagna: 19 corridori
Olanda: 10 corridori
Svizzera: 7 corridori
Lussemburgo: 5 corridori
Germania: 5 corridori
Gran Bretagna: 3 corridori
Irlanda: 2 corridori
Australia: 2 corridori
Danimarca: 2 corridori
USA: 2 corridori
Portogallo, Slovacchia, Colombia, Russia, Kazakistan, Norvegia, Slovenia: 1 corridore

mercoledì 4 giugno 2014

L'Italia di Prandelli non sa più vincere: pareggio anche contro il Lussemburgo

Non sa più vincere l'Italia di Prandelli, costretta a rimpiangere Montolivo, neanche fosse Giovanni Ferrari oppure Antognoni. Contro il Lussemburgo emergono tutti i limiti tecnici e di personalità di una squadra avara di fuoriclasse. Soltanto l'ingresso di Cassano nella ripresa accende la luce nella penombra di una mediocrità diffusa. Da Cassano e da Balotelli dipenderà il mondiale azzurro in Brasile. Come Chiellini possa giocare, con quei piedi, in nazionale, resta poi un mistero assoluto. Fu disastroso, ve lo ricordate?, contro la Spagna nella finale degli Europei del 2012. Stasera ha stentato anche contro il Lussemburgo. Diversamente dal vino, il suo rendimento, invecchiando, peggiora. Brutta prova anche di De Rossi e dei due terzini meno forti di sempre: De Sciglio ed Abate. Insomma, l'Italia non sta messa granché bene.