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lunedì 16 novembre 2020

Il calcio degli anni '50: da Di Stefano a Kubala, da Puskas e Pelé

Il calcio riprese, in Europa, molto lentamente dopo la catastrofe della Seconda Guerra Mondiale. Dalla fine degli anni '40 e nei primi anni '50 ci fu una perentoria affermazione del football nordico, svedese e danese, che non ha eguali nella storia. Forse perché la Svezia era rimasta fuori dal conflitto e la Danimarca ne era uscita prestissimo. La Svezia di Nordahl, Gren e Liedholm vinse l'oro alle Olimpiadi di Londra del 1948 e, senza di loro, perché ormai professionisti con il Milan - gli svedesi avevano una concezione solo dilettantistica del calcio - giunse terza ai mondiali del 1950 in Brasile.

Il Mondiale brasiliano fu complicato. Il secondo in Sudamerica, dopo quello uruguaiano del 1930. E lo stesso vincitore. L'Uruguay del divino dieci Schiaffino, tecnico ma tenace, artista del dribbling ma essenziale, il primo, pare, ad usare con sistematicità il tackle in scivolata, con gli arbitri che gli fischiavano sempre fallo.

Juan Alberto Schiaffino


Lui e Ghiggia firmarono il 2-1 nella finale, che era solo l'ultima partita di un girone conclusivo, che gettò nella disperazione milioni di brasiliani. Il calcio era già la loro religione laica, come lo è il ciclismo per il Belgio. L'Italia, orfana dei campionissimi del Toro scomparsi a Superga, vi ottenne una dolente eliminazione al primo turno. Come i superbi maestri inglesi: disertati i precedenti mondiali per ritenuta superiorità, vennero buttati fuori dagli ex coloni degli Stati Uniti, che stavano al calcio, come gli inglesi al buon cibo. Il magnifico centravanti brasiliano Ademir, nove gol e capocannoniere, dovette contentarsi del secondo posto. E, con lui, Zizinho. Uno del calibro di Pelé o, almeno di Zico, penalizzato dall'assenza di vere riprese televisive. Lo stesso destino di Meazza e Sindelar, di Leonidas e dello stesso Valentino Mazzola.

Zizinho


In Italia, dominavano Inter, Juve e, grazie agli svedesi più, dopo, lo stesso Schiaffino, il Milan. Che vinse nel 1951 uno scudetto dopo 44 anni! L'Inter aveva un formidabile trio d'attacco: il brevilineo e scattista Lorenzi, il fantasioso mancino svedese Skoglund e l'apolide Nyers, dalla progressione implacabile e dal tiro micidiale. Con Foni, due scudetti consecutivi nel '53 e nel '54. Squadra raccolta, difesa e contropiede. E Blason libero, ruolo e definizione che avrebbero avuto larghissima fortuna nel decennio successivo. Nella seconda metà degli anni '50, divenne una potenza calcistica anche la Fiorentina del portiere Sarti, dell'ala brasiliana Julinho, dell'attaccante argentino Montuori. Nel 1956 fu scudetto e, l'anno dopo, finale di Coppa dei Campioni, contro il Real Madrid di Santiago Bernabeu, illuminato dal massimo Alfredo Di Stefano.

Di Stefano, classe 1926, era il successore calcistico di Valentino Mazzola. Più alto e più attaccante, ma come il capitano del Grande Torino, uomo ovunque, che contrastava, dirigeva il gioco e lo concludeva. Un asso carismatico, che aveva difeso i colori della nazionale argentina, poi di quella colombiana e che avrebbe giocato anche con la Spagna. 
Alfredo Di Stefano

Nel 1958, l'avrebbe raggiunto un altro fenomeno calcistico, l'ungherese Ferenc Puskas, totem della Grande Ungheria che perse d'un soffio i mondiali del 1954. L'invasione sovietica dell'Ungheria nel 1956 aveva spinto molti grandi giocatori della miglior squadra magiara, la Honved, che si trovavano in trasferta, a non rientrare in patria. Tra questi Puskas, che, prima del Real, avrebbe scontato due anni d'inattività forzata, preso oltre dieci chili e giocato altri otto anni, limitando il suo raggio d'azione, pronto ad innescare il suo tremendo sinistro. Le ultime due, delle cinque Coppe dei Campioni consecutive del Real Madrid, avrebbero portato anche la sua firma.
Ferenc Puskas

Si diceva del mondiale del 1954, che si disputò in Svizzera. L'Ungheria vi arrivava da grande favorita. Dopo aver stravinto - nei paesi dell'Est erano tutti dilettanti - le Olimpiadi di Helsinki del 1952. Nel novembre del 1953, Puskas, mezzala sinistra, Kocsis, mezzala destra, e Hidegkuti, centravanti arretrato di altissima sapienza calcistica, avevano inflitto un perentorio 6-3 agli inglesi a Wembley. Poco dopo avevano tramortito gli avversari increduli con un 7-1 casalingo. In Svizzera, però, complice anche un infortunio di Puskas, che giocò menomato la finale, pur segnando il gol del vantaggio, s'impose la Germania Ovest, 2-1. E fu il centravanti tedesco Fritz Walter a sollevare la Coppa. I magiari, che erano stati grandissimi già negli anni '30, con Sarosi tra i pochi a contendere a Meazza il titolo di miglior giocatore del mondo, giocavano un calcio mai visto. Palla soprattutto a terra, terzini che attaccavano, e tiravano tutti da fuori. Il tiro all'ungherese, d'esterno piede, divenne proverbiale. I brasiliani, che a quel mondiale fallirono, decisero d'ingaggiare tecnici magiari per insegnare ai propri giocolieri il tiro dalla lunga e media distanza: non si poteva, capirono, entrare sempre in porta con la palla. Fu una delle premesse del successo verdeoro ai mondiali di Svezia del 1958.

Quei mondiali, quelli di Svezia 1958, l'Italia non li giocò proprio, come poi le sarebbe successo con gli ultimi di Russia 2018. Vinse il Brasile allenato da Vicente Italo Feola - il nome ne dice le origini - che schierava un attacco atomico - l'atomica era l'ossessione di quegli anni - con Garrincha, Didì, Vavà, Pelé e Zagallo. E se quest'ultimo tornava, ogni tanto, gli altri molto meno. E i terzini Djalma Santos e Nilton Santos attaccavano come ali aggiunte. Un trionfo, che rivelò al mondo l'estro impareggiabile di un Pelé non ancora diciottenne. Fu battuta la Svezia padrona di casa in finale, con gli stagionati, ma fortissimi, Liedholm e Skoglund ancora in campo. Capocannoniere, 13 gol!, Fontaine, attaccante francese d'origini non francesi, come la mezzala Kopa. E come, dopo, Platini, Zidane, Henry, Mbappé.

Il caso volle che Di Stefano non giocasse nemmeno un mondiale. Come lui Kubala, straordinario centrocampista del Barcellona, ungherese che debuttò con la nazionale cecoslovacca, migrò in quella ungherese e concluse in quella spagnola. Aveva un fisico, Kubala, che sarebbe ancora oggi dominante e un controllo di palla che si rivide in Zidane e Riquelme.
Laszlo Kubala

Lui, il detto Di Stefano e Valentino Mazzola sono stati i più forti campioni a non aver, non per loro colpa, disputato un solo mondiale in carriera.

martedì 8 maggio 2018

Mondiali di calcio: i grandi che non li hanno giocati o li hanno giocati male

Si tratta della massima competizione calcistica. Eppure, i mondiali di calcio, dal 1930 ad oggi, per mille ragioni, sono stati mancati da alcuni grandissimi calciatori. Altri, pur titolari di una reputazione calcistica di primissimo ordine, hanno steccato proprio lì, sul palco pallonaro più solenne. Eccone due brevi liste.

Mai ai mondiali:

1. Alfredo Di Stefano.

Alfredo Di Stefano, argentino, classe 1926, era già un fenomeno negli anni '40. Nel River Plate della mitica maquina. Epperò i mondiali del 1946 non ci furono. Nel 1950, quando, scomparso tragicamente Valentino Mazzola, contendeva a Puskas il titolo di miglior giocatore del mondo, l'Argentina si rifiutò di partecipare ai mondiali brasiliani. Emigrò. Saltò i mondiali svizzeri del 1954, approdò al Real Madrid, che, più di tutti, contribuì a rendere la squadra di club migliore di sempre, divenne cittadino spagnolo. Ma, la Spagna, come l'Italia, mancò la qualificazione a Svezia '58. Nel 1962, un infortunio gli tolse i mondiali cileni. Da molti considerato il miglior giocatore di sempre, Di Stefano finì la carriera senza giocare un mondiale.

2. Valentino Mazzola.

Valentino Mazzola, mitico capitano del Grande Torino, avrebbe già fatto faville, si fossero mai giocati, ai mondiali del '42. Ma, la guerra li impedì. Stesso discorso, a guerra ormai finita, per quelli del '46. Ai tempi Mazzola, assieme a Pedernera del River Plate, era il numero uno al mondo. A quelli del '50 il destino non lo fece arrivare.

3. Laszlo Kubala.

Lazslo Kubala cambiò tre nazionalità nella sua carriera. Cecoslavacco, ungherese, spagnolo riuscì ad essere. Colonna del Barcellona. Centrocampista totale, un fisico da pugile innestato su piedi d'artista. La Spagna mancò le qualificazioni sia nel 1954 sia nel 1958. I mondiali di calcio persero le prestazioni di un mito.

4. George Best.

Il quinto Beatle, il più talentuoso asso d'oltremanica, la leggenda del Manchester United, il re del dribbling e della dolce vita, George Best, nacque nordirlandese. E non un giocò un solo mondiale. Un'ingiustizia sportiva enorme.

Ryan Giggs.

L'ala sinistra del Manchester United di Alex Ferguson. La tecnica, il tiro, la corsa. Ryan Giggs ha pagato la scelta di giocare con il Galles. Che pure partecipò ai mondiali del 1958. Avrebbe potuto giocare con l'Inghilterra. Che, con lui in campo, forse avrebbe vinto un altro titolo dopo quello del 1966. Andò diversamente.

I giocatori che fallirono ai mondiali:

1. Marco Van Basten.

Ad Italia '90, fu l'ombra del campione che pure era, dopo aver impressionato agli europei di due anni prima. Marco Van Basten rimase a secco. Olanda fuori agli ottavi. Nel 1994, un terribile infortunio, che poi avrebbe posto fine alla sua carriera, lo tenne fuori dai giochi.

2. Zlatan Ibrahimovic.

Ai mondiali del 2006, rimase a secco con la Svezia. Non si qualificò ai mondiali successivi del 2010 e del 2014. non giocherà a Russia 2018.



martedì 27 settembre 2016

La leggenda di Francesco Totti: 250 gol in serie A, 322 gol in carriera

Compie 40 anni oggi Francesco Totti. E la fine della sua straordinaria carriera, che pure si avvicina in modo inesorabile, è ancora di là da venire. Si stanno moltiplicando gli elogi e le celebrazioni per un calciatore che ha saputo rompere, sebbene solo negli ultimi anni, le barriere del tifo, per diventare un patrimonio ed un orgoglio di tutto il calcio italiano. Per giudicare un calciatore, ed il suo peso nella storia, ho sempre pensato che ci si dovesse attenere ad un criterio semplice, da preferire a tutti gli altri: il giudizio degli uomini di campo. Specialmente dei suoi contemporanei. Sotto questo aspetto, il consenso che Totti ha ricevuto e riceve è pressoché unanime. Ha interpretato in carriera almeno quattro ruoli, sempre attingendo la soglia dell'eccellenza: il trequartista, soprattutto in nazionale, la seconda punta, nella Roma dello scudetto, l'attaccante esterno, quando esplose con Zeman, il centravanti, compassato e manovriero, negli ultimi dieci anni, scoprendosi implacabile goleador, dopo aver deliziato, ed ancora delizia, con assist memorabili. Qualità balistiche uniche, facilità di calcio enorme, cambi di campo, cross, d'interno e d'esterno e, più di tutto, giocate di prima intenzione. Veloci, precise, spiazzanti. Tolto lo scatto bruciante, Totti ha avuto tutto del grandissimo campione, dalla superiore qualità tecnica, alla visione luminosa del gioco, dalla forza fisica, a tanti ha ricordato Valentino Mazzola ma anche Kubala, alla fantasia, all'estro. Non un condottiero rumoroso, per via di una naturale timidezza, ma sempre determinante, sempre decisivo. Più volte dato per finito e sempre risorto.

domenica 27 settembre 2015

Classifica dei migliori centrocampisti goleador

Proviamo a formare, con il contributo decisivo dei lettori più documentati, una classifica dei migliori centrocampisti goleador, con l'intesa di escludere da questo novero i trequartisti e tutti quei giocatori che, pur nominalmente schierati a centrocampo, ha giocato prevalentemente all'attacco. [Classifica in corso di aggiornamento]

  1. Teofilo Cubillas (Perù) 346 gol*
  2. Lampard (Inghileterra) 299 gol
  3. Kubala (Cecoslovacchia, Ungheria, Spagna) 283 gol
  4. Best (Irlanda del Nord) 256 gol
  5. Ronald Koeman (Olanda) 253 gol
  6. Matthaus (Germania) 230 gol
  7. Gerson (Brasile) 217 gol **
  8. Gerrard (Inghilterra) 209 gol
  9. Giresse (Francia) 202 gol
  10. Ballack (Germania) 197 gol
  11. Juninho Pernambucano (Brasile) 180 gol
  12. Brian Robson (Inghilterra) 176 gol
  13. Scholes (Inghilterra) 170 gol
  14. Hierro (Spagna) 165 gol
  15. Nedved (Repubblica Ceca) 165 gol
  16. Riquelme (Argentina) 162 gol
  17. Beckham (Inghilterra) 146 gol
  18. Bernd Schuster (Germania) 142 gol
  19. Jimmy Johnston (Scozia) 137 gol
  20. Socrates (Brasile) 136 gol
  21. Valentino Mazzola (Italia) 122 gol
  22. Garrincha (Brasile) 115 gol
  23. Xavi (Spagna) 111 gol
  24. Pirlo (Italia) 101 gol

domenica 14 settembre 2014

Inter forza sette contro il Sassuolo: tripletta di Icardi, Kovacic illumina la scena

Sassuolo, come lo scorso anno, seppellito sotto una valanga di gol. Sette, sempre sette. Con tripletta di Icardi, si vede la tecnica da scuola Barca nel secondo gol del centravanti argentino, e doppietta di Osvaldo, adesso con la barba lunga. La rete più bella, però, porta la firma di Kovacic, che, come scrivo da due anni, è un fuoriclasse che segnerà un'epoca. Accelera come Laudrup, tiene i contrasti come Kubala, scopre impreviste linee di passaggio come Riquelme. Ora, che ha cominciato a segnare non si fermerà più. Preziosissima la presenza in mezzo al campo di Medel, brevilineo che intercetta tutti i palloni vaganti, tenace nei contrasti ed ordinato nella manovra: un grande colpo dell'Inter. Infine, una citazione per Andreolli, scuola Inter, tornato alla base lo scorso anno. Ho sempre pensato che meritasse più spazio. Partite come quella di oggi lo confermano. Questa Inter è senza dubbio da terzo posto. Almeno da terzo posto.