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martedì 7 aprile 2020

Il Giro dei Paesi Baschi. Bottecchia ed Hemingway

"The Tour de France was the greatest sporting event in the world" (E. Hemingway, Fiesta)
La cronaca è a riposo e possiamo tuffarci nella storia. Del ciclismo e della letteratura. Siamo nei ruggenti anni '20, quelli del jazz e del fox-trot. In Francia, soprattutto a Parigi, sulle due rive della Senna, si radunano intellettuali e sfaccendati, spesso non c'è differenza tra gli uni e gli altri, per lo più sono artisti, pittori, scultori, scrittori, filosofi, attori, cantanti. Alcuni ricchi e svogliati, altri pieni di talento e destinati a lasciare una traccia profonda di sé. Tutti assieme formano quella che Gertrude Stein definirà la generazione perduta, che vive come se non ci fosse un domani, in un perenne stordimento. Sarà Hemingway, americano tra i tanti che allora svernano nella vecchia Europa, a raccontare la festa mobile, incessante e ininterrotta che quella gioventù privilegiata, sono pochi ma rumorosi e influenti, organizza ogni giorno. La Grande Guerra è alle spalle, l'influenza spagnola anche, non esiste o non si avverte il presagio delle altre sciagure che il Novecento ha in serbo per l'umanità. Il romanzo di Hemingway s'intitolerà proprio Fiesta, con sottotitolo illuminante: Il sole sorgerà ancora. E racconta le peripezie di un gruppo di giovani estrosi ed annoiati, che si trascina tra sbronze ed amorazzi, visioni e delusioni, liti e vaghe speranze, grandi opere d'ingegno e comuni meschinità. Da Parigi fino a Pamplona, dove si tiene la Festa di San Firmino, con i tori liberati per le viuzze cittadine. Sede d'arrivo della prima tappa del Giro dei Paesi Baschi nell'agosto del 1925. Bottecchia, già vincitore del Tour de France (il più grande evento sportivo del mondo, si legge nel romanzo) del 1924 e del 1925, è stato costretto al ritiro ed il narratore di Hemingway ne parla il giorno dopo a San Sebastian, traguardo della seconda tappa, con il manager di una squadra. Il ritiro di Bottecchia, corridore italiano ma eroe solo in Francia, ha tolto fascino alla corsa basca. La prima irruzione del ciclismo nella letteratura.

giovedì 4 febbraio 2016

Storia delle Olimpiadi (#Olimpiadi): 8^ puntata (Parigi 1924)

Le Olimpiadi tornano a disputarsi a Parigi nel 1924. Siamo a pieno titolo nei "ruggenti anni venti", secondo la celebre definizione di Gertrude Stein, e Parigi è la capitale mondiale della cultura, rifugio di scrittori, pittori, musicisti, alle spalle gli orrori della Grande Guerra, si avverte una grande frenesia di vita, che Hemingway racconta mirabilmente in "Fiesta". L'Italia ha una squadra di atleti di alto livello, raccogliendo otto ori, tre argenti e cinque bronzi, e si classifica quinta nel medagliere. Al primo posto del quale, come al solito, si issano gli Stati Uniti, seguiti dalla sorprendente Finlandia, che domina nel mezzofondo e nel fondo, grazie al talento multiforme di Paavo Nurmi, e dalla Francia padrona di casa. Nell'atletica leggera si notano vistosi progressi nelle prestazioni. Nei 100 piani, già allora gara di riferimento della manifestazione, si scende finalmente sotto i 10"8. Vince, infatti, in 10"6 l'inglese Harold Abrahams. L'Italia ottiene l'oro nei 10.000 m della marcia con Ugo Frigerio e l'argento nella maratona con Romeo Bertini. Nel nuoto, quattro medaglie d'oro, una nei 100 stile libero, vengono conquistate dall'americano di origini europee Weissmuller, che più tardi diventerà notissimo al grande pubblico del cinema, interpretando il ruolo di Tarzan. Nel calcio, l'oro va all'Uruguay del formidabile mediano Andrade, che verrà soprannominato la "maravilla negra", un funambolo capace percorrere svariati metri di campo con la palla incollata alla fronte. (cfr. 1^ puntata2^ puntata3^ puntata4^ puntata5^ puntata6^ puntata, 7^ puntata)