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Visualizzazione post con etichetta Feyenoord. Mostra tutti i post
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mercoledì 25 maggio 2022

Roma-Feyenoord 1-0. Mourinho conquista la Conference League

Un gol di Zaniolo, gran tocco d'esterno sinistro a metà primo tempo, regala alla Roma la Conference League. Mourinho vince il suo quinto trofeo continentale in cinque finali, dopo la Coppa Uefa con il Porto, l'Europa League con il Manchester United e le due Champions League con Porto e Inter. Un maestro. Che si esalta nelle occasioni solenni. Resta il miglior allenatore del mondo, per quanto mi riguarda. 

venerdì 6 marzo 2020

L'Atalanta, Agnelli e la Champions

Potrebbe essere, quello di questo post, il titolo di una favoletta di Esopo o di Fedro. Tutto sommato, i meccanismi psicologici retrostanti alle dichiarazioni di ieri di Agnelli sono sovrapponibili a quelli raccontati in quelle storie senza tempo. Ed ognuno tragga da ciò le proprie conclusioni. Nel merito, l'Atalanta merita di stare in Champions League, perché nello sport, non conta il passato e il blasone cambia e si reinventa continuamente. Il Genoa ne aveva ben altro, in Italia, negli anni '20, pur essendo ormai al canto del cigno dei successi. Il Feyenoord, ne scrivevo ieri, vinse inaspettatamente nel 1970 la massima coppa continentale, espressione di un paese, l'Olanda, che era stato fino ad un paio di anni prima calcisticamente minore. L'Ajax aveva, in effetti, appena perso in finale dal Milan nel 1969, ma prima? E il Nottingham Forest di Brian Clough, due Coppe dei Campioni (1979 e 1980), quando fino a tre anni prima stava nella seconda divisione inglese? Il blasone cambia, si ottiene, si perde, si può ottenere di nuovo. Sicché, contrariamente a quanto suggerito da Agnelli, l'Atalanta ha oggi più titolo della Roma a giocare in Champions. Fra qualche mese potrà essere diverso. Chi lo sa? Sarebbe utile, in Italia, tornare a studiare la storia. Anche soltanto tornare a studiare. Si eviterebbero certi scivoloni. Tutto cambia. Nel mezzofondo, atletica leggera, per anni dominarono i finlandesi, oggi scomparsi dalle liste di partenza. E domina l'Africa Orientale. E nell'amatissimo, da chi scrive per lo meno, ciclismo? Quanto si è allargata la fascia dei paesi capaci di produrre campioni e risultati?  Non è più solo questione tra Italia, Francia e Belgio. Non è il blasone a vincere, è il talento, l'impegno, la costanza, l'organizzazione. Il blasone può aiutare. Niente di più.

giovedì 5 marzo 2020

Pallone d'oro 1971: 1. Cruijff 2. S. Mazzola 3. Best. La storia

  • Nel 1971 il Pallone d'oro premiò, per la prima volta dalla sua istituzione, un calciatore olandese, il magnifico 10, che però giocava con il numero 14, dell'Ajax e della nazionale dei tulipani, Johann Cruijff. Classe 1947, atleta ed artista, a dispetto dei piedi piatti, che parevano non predire, quando era un ragazzo, una carriera ai livelli più alti. Magro ma forte, aveva corsa e tocco, superiori doti di coordinazione, tiro secco e preciso, il gusto della giocata imprevista, magari inedita, come il famigerato turn Cruijff, uno dei tanti dribbling da lui escogitati ed eseguiti, e visione di gioco e leadership naturale. Aveva un rivale per il ruolo di capo carismatico all'Ajax, Peter Keizer, centravanti massiccio ma tecnico, che gli avrebbe strappato la fascia di capitano, dopo elezioni dello spogliatoio, nel 1973, costringendo Cruijf, risentito per lesa maestà, la sua, a lasciare Amsterdam per Barcellona. Il calcio olandese, quando Cruijff fu premiato nel 1971, dopo la vittoria della Coppa dei Campioni contro il Panathinaikos, allenato, pensate un poco, da un certo Puskas, era in crescita da alcuni anni. E l'anno prima il Feyenoord di Rotterdam aveva vinto a propria volta la Coppa  dei Campioni contro il Celtic Glasgow di Jimmy Johnstone. Prove tecniche di calcio totale in corso da tempo, aiutate da un'eccezionale fioritura di talenti, forgiati da una scuola tecnica severissima e nozioni tattiche non nuove, ma rinnovate, intese alla migliore, costante occupazione dello spazio.
  • Al secondo posto, si piazzò Sandro Mazzola, già fulmineo attaccante della Grande Inter di Herrera, già superbo finalizzatore dei contropiede orchestrati da Suarez quando il calcio all'italiana si faceva scuola, che, dal 1967 si era messo ad agire da mezzala, più per seguire le orme affettive del padre Valentino, insuperato dieci del Torino anni '40,  facendo valere il tocco sapiente, il dribbling facilissimo, il tiro improvviso. Mentre contendeva a Cruijff il titolo di miglior giocatore continentale, stava guidando l'Inter di Invernizzi ad un'incredibile rimonta in campionato, assieme ad altri giovani reduci della Grande Inter come Facchetti, Burgnich, Corso e Jair. 
  • Al terzo posto, si classificò, George Best, magnifica ala del Manchester United, il quinto Beatle, un irregolare incline a mille eccessi fuori dal campo e un talento purissimo in campo, ala destra seconda solo a Garrincha, virtuoso del dribbling, tiro secco e preciso e anche stacco di testa in terzo tempo. A 26 anni fu, incredibile a dirsi, il suo canto del cigno.

mercoledì 6 marzo 2019

L'Ajax archivia il Real Madrid. Tornerà Mourinho alla guida dei blancos?

Finito in archivio, dopo una notte europea dal sapore antico. Il Real Madrid, vincitore delle ultime tre edizioni della Champions League, tredici in totale, va fuori agli ottavi per mano dell'Ajax di Amsterdam, una squadra che, da 50 anni, carsicamente scompare per riapparire a scrivere la storia del calcio europeo. L'Ajax di ieri non ha campioni iconici, come furono nei primissimi anni '70 Cruijff e Neeskens e Suurbier e Krol, dentro una rivoluzione tattica e culturale che si sprigionava da tutta la terra dei tulipani, perché anche il Feyenoord di Rotterdam, quello di Van Hanegem, aveva sovvertito i canoni tattici dell'epoca e si era issato sul tetto d'Europa, nel 1970. Né giocatori forti come quelli che, a metà anni '90, rivinsero la Champions e ne sfiorarono un'altra: Seedorf, Davids, Kluijvert, Litmanen, i gemelli Frank e Ronald De Boer, Kanu. Epperò ha giocatori di sicuro talento, che corrono molto e si divertono altrettanto. Il Real Madrid, umiliato 4-1 sul campo di casa del Bernabeu, è apparso stanco. E, comprensibilmente, demotivato. Vincere appaga e, alla lunga, il potere logora anche chi ce l'ha. Peraltro, i blancos erano privi del loro giocatore di maggior valore e temperamento, il capitano Sergio Ramos. Che vale per tre e difende per quattro. Era dal 2010 che l'avventura del Real in Champions non terminava agli ottavi di finale. Poi, arrivò Mourinho, fresco di triplete con l'Inter. La storia pare destinata a ripetersi.

giovedì 7 dicembre 2017

Ancora sui limiti di Sarri e la crisi del Napoli

Il Napoli è in affanno da un mese. Segna poco da un mese. La sconfitta contro la Juve in campionato, come la sconfitta contro il Feyenoord in Champions, con retrocessione all'Europa League, è figlia di una crisi di gioco e, vieppiù, realizzativa che Sarri ha faticato ad ammettere. Pensava che Mertens centravanti, un espediente tattico straordinario ma provvisorio, potesse durare sempre. Ma, il Napoli di testa segna poco, pochissimo. Perché un centravanti classico non ce l'ha. E non l'ha voluto. Non essendolo lo stesso Milik. Mi ripeto: errore gigantesco non aver trattenuto Zapata. Anche perché ogni tanto, davanti, il pallone bisognerebbe anche tenerlo. E non si può pensare di andare a rete solo in contropiede oppure attraverso trame fitte di gioco. Per Sarri vale la battuta di Flaiano, secondo il quale, per gli italiani, il percorso più breve tra due punti non è la linea retta ma l'arabesco. Ed invece, nel calcio, la verticalità del gioco è fondamentale. Ed il gioco non è solo la somma di mille triangoli. E qualche volta serve anche la palla lunga addosso al centravanti di peso. Altrimenti, occorre una condizione atletica ed una concentrazione, che non sempre si possono tenere. Non per tutta una stagione. Sarri, di tutto ciò, molto sacchianamente, non ha tenuto conto. Ed il Napoli, uscitone ridimensionato, ha pagato l'inevitabile dazio di risultati.

martedì 13 ottobre 2015

Graziano Pellè al quarto gol in nazionale. È il miglior centravanti italiano

Tardi, ma è arrivato. Graziano Pellè ha stentato ad affermarsi. Ha dovuto cercare fortuna all'estero. Sembrava che non ce la facesse. Poi, dalla stagione 2012-13, allora militava al Feyenoord, ha preso a segnare con continuità disarmante. Quasi 60 gol in due stagioni in Olanda, lo sbarco in Inghilterra al Southampton, dove si è imposto rapidamente,  la nazionale con Conte. Ed i gol, oggi è arrivato, contro la Norvegia, il quarto in otto presenze con la maglia azzurra. Da anni lo indicò come il miglior centravanti italiano. E tale è, sebbene  continui ad essere sottovalutato al di qua delle Alpi. In carriera, Pellè ha segnato 121 gol.
*Aggiornamento del 15 ottobre 2015: voglio ricordare che ai mondiali under 20 del 2005, quelli che rivelarono al mondo il talento di Lionel Messi, l'Italia raggiunse i quarti di finale, eliminata inopinatamente ai rigori dal Marocco. Il centravanti di quell'Italia era Graziano Pellè, quattro gol nella manifestazione, come lo spagnolo David Silva, uno meno dell'altro spagnolo Ferando Llorente. Capocannoniere, con sei reti, fu, manco a dirlo, Messi. In quella manifestazione, brillarono anche i colombiani Guarin e Radamel Falcao, che poi la loro carriera, bene o male, l'hanno fatta e la stanno facendo. Pellè era forte già allora, poi, per mille ragioni, ha impiegato parecchio tempo per affermarsi nel calcio dei grandi. Adesso, possiamo dire che ce l'ha fatta.

domenica 9 agosto 2015

Graziano Pellè si conferma il miglior centravanti italiano

Due gol in Europa League, gol alla prima giornata di Premier League, Graziano Pellè si conferma il miglior centravanti italiano da tre anni a questa parte: 74 gol in 113 partite tra Feyenoord e Southampton, alla media di 0,65 gol a partita. Gioca nel Southampton eppure avrebbe fatto comodo alle migliori squadre della serie A. Fisicamente dominante, ha corsa, tecnica ed esperienza internazionale. Sarà la sorpresa dei prossimi Europei.

lunedì 2 marzo 2015

Totti punta la Juve: stasera si decide il campionato

Un vantaggio di nove punti, in questa fase della stagione, è enorme. La Juve è nettamente favorita per la vittoria di quello che sarebbe il suo quarto scudetto consecutivo. Lo scontro diretto di stasera deciderà il campionato. Se la Juve uscisse imbattuta dall'Olimpico, potrebbe già virtualmente fregiarsi del titolo di campione d'Italia. Che farà la Roma? Il successo di Europa League contro il Feyenoord ha ridato fiato e speranza ad una squadra in crisi. Tutto dipenderà da Totti, dalla sua condizione e dal suo estro. La Roma può vincere e riaprire il campionato soltanto con una grande prova del suo capitano. Ho la sensazione, ecco qua il pronostico offerto con un certo anticipo al fuoco delle critiche, che la Roma vincerà e che Totti segnerà. Probabilmente, una doppietta. Dovessi sbagliare, mi cospargerò il capo di cenere, ché tanto siamo in Quaresima.

martedì 16 dicembre 2014

Inter - Celtic Glasgow in Europa League. Come sono lontani i tempi di Jimmy Johnstone, straordinaria ala destra

La primavera del 1967 segnò la fine della Grande Inter. La sconfitta di Mantova, con papera di Sarti e la sconfitta di Lisbona, finale di Coppa dei Campioni, ad opera del Celtic Glasgow di Stein: una squadra che stava diventando leggendaria. Avrebbe vinto nove campionati scozzesi consecutivi, dal 1966 al 1974, era stata semifinalista, eliminata dal Liverpool, in Coppa delle Coppe nel 1966. E dopo il sorprendente successo sull'Inter, 2-1, dopo il vantaggio di Mazzola su rigore, il Celtic sarebbe tornato in finale nel 1970, perdendo contro il Feyenoord, per giocare ancora in semifinale di Coppa dei Campioni nel 1972, sconfitta dall'Inter, e nel 1974, sconfitta dall'Atletico Madrid. Ora, in una competizione meno nobile, l'Europa League, per di più ai sedicesimi, il Celtic torna a sfidare l'Inter. L'occasione ci consente il ricordo del giocatore simbolo di quel Celtic, l'ala destra Jimmy Johnstone, meno di 1,60 m, gracile, ma velocissimo, rapidissimo, scattante, uno dei maggiori interpreti di sempre nel ruolo. La prova provata che il calcio non è solo esercizio da corazzieri. La sintesi del fondamentale più entusiasmante: il dribbling. Ecco qualche immagine di Jimmy Johnstone.

venerdì 3 ottobre 2014

Conte convoca Graziano Pellè: era ora.

Era ora. Graziano Pellè approda in nazionale, dopo essere stato il migliore centravanti italiano degli ultimi due anni. Parlo di centravanti puro, alto, possente, abituato a stazionare in area di rigore, sebbene anche provvisto di ottima tecnica. Prima al Feyenoord, ora al Southampton, Pellè ha segnato con un ritmo di quasi un gol a partita. Conte ha fatto bene a chiamarlo. Perché i giocatori come lui sono utilissimi contro squadre arroccate in difesa, grazie al gioco di sponda ed alla pericolosità sui palloni alti. Il tipo di attaccante che ci è mancato al mondiale. Che è stato Toni, che è oggi Pellè.

domenica 28 settembre 2014

Graziano Pellè prodezza in rovesciata in Premier League: merita la nazionale

E' il migliore centravanti italiano, Graziano Pellè. Da due anni a questa parte, nessuno segna come lui tra gli attaccanti di casa nostra, eppure viene tenuto lontano dalla nazionale. Gol a grappoli con il Feyenoord ed ora grandi prestazioni in Premier League con il Southampton. Ultima prodezza questa fantastica rovesciata, che lascia stupefatti poiché eseguita da un giocatore alto e possente e, perciò, tanto più difficile in termini di coordinazione. Conte si accorgerà mai di Pellè?

lunedì 15 settembre 2014

Graziano Pellé, eroe in Inghilterra, merita la nazionale, ma è sottovalutato

Centravanti vecchia maniera, con tutti i colpi del centravanti vecchia maniera. Colpo di testa, gol rapinosi, tiro secco. Avrebbe meritato spazio in nazionale, ma, a parte chi scrive, erano in pochi a crederci. Colpa della scarsa considerazione in cui è tenuto il campionato olandese. Nelle ultime due stagioni nella terra dei tulipani, Graziano Pellè aveva segnato 55 gol in 66 partite con il Feyenoord. Non sono bastati. Ora, attraversata la Manica, per giocare nel Southampton, Premier League, subito 4 gol in 5 partite ufficiali, con tanto di doppietta rifilata ieri al Newcastle. In Italia, tutti pazzi per Zaza, ieri un fantasma al Meazza, di Pellè si scrive invece in fondo ai giornali. Eppure i suoi numeri sono ragguardevoli. Tanto più che Pellè ha anche buone doti tecniche e sa giocare per i compagni. Merita la nazionale e trovo sbagliato che nessuna squadra italiana di media o alta classifica abbia cercato di riportarlo in patria. 

martedì 1 ottobre 2013

Graziano Pellè al mondiale 2014

Ancora una tripletta, Graziano Pellè, anni 28, è da oltre un anno il cannoniere principe del campionato olandese. Con la maglia del Feyenoord Pellè ha messo a segno la bellezza di 37 gol in 36 partite. Centravanti poderoso, ma tecnico, sta confermando, partita dopo partita, la propria candidatura ai mondiali di Brasile 2014. Borriello non gioca, Destro è infortunato, Pazzini è infortunato, Gilardino stenta nel Genoa, Toni ha 36 primavere sulle spalle, Gabbiadini ed Immobile non hanno mantenuto le promesse. Se escludiamo Balotelli, che può giocare in tutti i ruoli dell'attacco, un centravanti classico al momento non c'è per l'Italia. Anzi, no. C'è e si chiama Pellè. 

martedì 27 agosto 2013

Graziano Pellè ai mondiali di Brasile 2014?

E se Graziano Pellè giocasse i mondiali di  Brasile 2014? Per anni paragonato a Luca Toni, come il centravanti emiliano è esploso a 27 anni: Toni era in B con il Palermo e mise a segno 30 gol. Pellè, lo scorso anno, aveva pure 27 anni, segnò giustappunto 27 gol con il Feyenoord, dimostrando a Rotterdam quanto non gli era riuscito negli altri campionati d'Olanda giocati con l'Az Alkmaar. D'evidenza, la mia è una provocazione. Però, uno come Pellè, centravanti vecchia maniera, alto, possente ed acrobatico, ma anche provvisto di buona tecnica oltre che di una certa esperienza internazionale, andrebbe a coprire un ruolo cui attualmente molti si candidano, senza che alcuno abbia convinto. Da Borriello, insicuro di un posto di titolare alla Roma, a Pazzini, ancora infortunato, a Gilardino, in fase calante. Pellè, a 28 anni, chissà?, potrebbe fare alla bisogna della nazionale italiana. Perché il titolare, si sa, è Balotelli. Ma, in panchina, un centravanti puro è necessario per scardinare le difese più chiuse e speculare sui calci piazzati. Per il pochissimo che conta il mio parere, candido Pellè. Dopotutto, si giocherà in Brasile!