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martedì 17 novembre 2020

Le casse vuote del calcio italiano: finiti i soldi

Oggi il Corriere della Sera dedica una pagina, con un sapido commento di Mario Sconcerti, alle casse vuote e dolenti del calcio italiano. Ma, potrebbe dirsi anche del calcio internazionale. La pandemia da Covid ha impoverito questo come altri settori dell'economia e la ripresa appare remota. Dobbiamo però dire, sarebbe ora, che gli ingaggi dei calciatori, squilibrati rispetto ad uno stipendio medio sin dalla fine degli anni '20 del secolo scorso, sono cresciuti in termini esponenziali, sconfinando nell'assurdo. Sì perché 40 milioni, o giu di lì, a Messi e Neymar, 30, 31, quel che sono, a Cristiano Ronaldo, corrispondono al fatturato di molte grandi aziende, con centinaia di dipendenti. Ed invece sono i compensi netti di singoli calciatori che, per quanto forti, le partite non le giocano né le vincono da soli. A fronte d'incassi ormai assottigliati fino all'osso: stadi chiusi e diritti televisivi discussi o da rinegoziare. Allora diciamolo con chiarezza: quella del calcio è una bolla come quella dei titoli tecnologici che esplose al principio degli anni 2000. 

Un poco di storia potrebbe venirci in soccorso, per comprendere le dimensioni di un fenomeno, quello dell'esplosione dei costi del sistema calcio, che è grave ma per niente serio. Negli anni '30, il calcio è già professionistico da parecchie parti, si giocano i Mondiali e la Coppa Europa, i calciatori irrompono tra i nuovi ricchi. Prendiamo a riferimento il 1936: un bracciante non va oltre le 200 lire al mese, un operaio guadagna poco di più, un dirigente d'azienda si attesta attorno alle 3.000 lire al mese. Ancora nel 1939, il traguardo delle 1.000 lire al mese è sognato, ed a questa perciò proibito, dalla maggioranza dei lavoratori italiani, come racconta la famosissima canzone Mille lire al mese. I fenomeni del tempo, da Orsi a Meazza potevano guadagnare fino a 7/8mila lire al mese!

Se potessi avere mille lire al mese, senza esagerare, sarei certo di trovar tutta la felicità...


Alla fine degli anni '70, i calciatori migliori potevano guadagnare 100 milioni di lire in un anno, mentre lo stipendio medio in Italia era di 4/4,5 milioni di lire annui. Sproporzione c'era, ma forse ancora tollerabile. Considerata la brevità della carriera dei calciatori e i pochissimi, tra loro, che potevano ambire alle cifre maggiori. Poi, dagli anni '80 in avanti il divario si è sempre più approfondito e, con l'avvento dei diritti TV, ha progressivamente raggiunto le vette parossistiche di oggi. Un grande calciatore non guadagna più 10, 20, 30 volte rispetto ad un operaio specializzato o ad un funzionario statale. Ma, piuttosto, 500, 1000, 2000 volte tanto (è il caso di Cristiano Ronaldo in Italia). Insomma, Covid o non Covid, si era già andati oltre l'aritmetica, oltre l'economia, oltre il buon senso. I primi a lamentarsene, già da tempo, avrebbero dovuto essere i tifosi, che portano acqua, in buona fede, a questo fiume di soldi. I debiti del sistema calcio, perché certi assurdi ingaggi possono finanziarsi solo a debito, sono da bancarotta. 


mercoledì 22 aprile 2020

Tour de France 1938: vince Gino Bartali

Professionista dal 1934, quando partecipa al Tour de France del 1938, Gino Bartali ha 24 anni: li compirà durante la corsa. Lo scalatore toscano ha già vinto il Giro d'Italia nel 1936 e nel 1937. Nel 1938 sceglie di disertare la corsa della Gazzetta, perché tutti i fisiologi del tempo ritengono impossibile partecipare, almeno con ambizioni di classifica, alle due grandi gare a tappe nella stessa stagione. Troppa fatica, troppo difficile il recupero. Eppure, questa teoria, poi confutata più volte, stava cedendo già l'anno prima, proprio sotto i colpi di pedale di Bartali, che, dopo il Giro, si apprestava a vincere il Tour, avendo vinto a Grenoble e indossato la maglia gialla. Poi, però, una caduta rovinosa dentro un torrente d'acqua gelida l'aveva lasciato dolorante e febbricitante, fino al ritiro per bronchite. E provvidenziale era stato il soccorso prestatogli da Camusso. Insomma, in quel 1938, Bartali aveva un conto in sospeso, con la fortuna e con il Tour. Niente Giro, per puntare tutto sulla Grande Boucle, Bartali vince a Marsiglia, ma conquista la maglia gialla sulle Alpi, quando trionfa a Briancon, dopo una cavalcata solitaria. Orio Vergani, inviato del Corriere della Sera, racconta del tributo che tutta la carovana al seguito della corsa offre a Gino Bartali: "applaudivano i suivers, i competenti, gli autisti, i meccanici, i giornalisti di ogni Paese...". Sul traguardo di Parigi, Bartali precede il belga Felicien Vervaecke di oltre 18 minuti. Un'impresa leggendaria nell'anno d'oro dello sport italiano: la nazionale di Pozzo e Meazza, proprio in Francia, aveva da poco conquistato il secondo campionato del mondo di calcio consecutivo. Per i colori azzurri, si tratta del terzo successo assoluto al Tour, dopo quelli di Bottecchia nel 1924 e nel 1925. Bartali, nessuno come lui, saprà ripetersi a dieci anni di distanza, nel 1948!

mercoledì 16 gennaio 2019

Nibali correrà Giro e Tour nel 2019

Bella intervista di Vincenzo Nibali sul Corriere della Sera in edicola oggi. Il campione siciliano ha confermato l'intenzione di correre, nel 2019, il Giro d'Italia, per vincerlo, ed il Tour de France, comunque con ambizioni da protagonista. A 34 anni compiuti, il suo è un programma impegnativo. Tanto più che, dopo l'accidentale rottura della vertebra per la caduta occorsagli al Tour 2018, ha dovuto cambiare posizione in sella. Con la crisi tecnica di Aru e in attesa che Moscon si decida a competere per la classifica, Nibali resta il faro del ciclismo italiano nelle corse a tappe.
Risultati immagini per nibali
Vincenzo Nibali
al Tour de France

martedì 12 giugno 2018

Ha ragione Tevez: tecnica dimenticata in Italia. Mancano i campetti di una volta. Lautaro Martinez è davvero forte

Bella intervista sul Corriere della Sera di oggi a Carlitos Tevez da parte di Carlos Passerini. Il campione argentino, declinante in campo, ma sempre simbolo del Boca Juniors, ha detto che il livello tecnico, tra i calciatori italiani, si è abbassato, da qualche anno, perché non si gioca più per strada, sui campetti di fortuna, ancora frequentati in Argentina, dove la tecnica s'impara per forza, dove ci s'ingegna a schivare colpi e a non cadere, a gestire la palla in spazi angusti, ad inventare. Pochissima tattica, moltissima tecnica. Il contrario di quanto normalmente accada nelle scuole calcio nostrane. Per inciso, Tevez ha anche lodato Lautaro Martinez. Le sue parole, che seguono, fra molte altre, quelle pronunciate alcuni mesi fa da Ardiles, sono, per me, la prova che Lautaro Martinez, lo conosco poco, è davvero forte. Uso l'indicativo non a caso.

giovedì 5 maggio 2016

Giro d'Italia 2016: domani si parte. Nibali, Landa o Valverde per la maglia rosa finale. Da non sottovalutare Tom Dumoulin

Ci siamo. Domani si parte. Dall'Olanda comincia l'edizione n. 99 del Giro d'Italia. Nibali, che continuo a considerare il grande favorito per il successo finale, in un'intervista rilasciata a Gaia Piccardi sul Corriere della Sera oggi in edicola, ha dichiarato di sentirsi pronto e di aspettare le salite dell'ultima settimana per sferrare il suo attacco alla maglia rosa. Dovrà vedersela con Valverde, debuttante, strano a dirlo, a 36 anni, al Giro, e Landa, il più forte in salita, ma alla prima esperienza da capitano unico. Cresce, intanto, la candidatura di Tom Dumoulin: è il più forte nelle gare contro il tempo. Notazione a margine: Cancellara si sarebbe svegliato con la febbre. Tom Dumoulin, all'esito del cronoprologo di domani, a maggior ragione dovrebbe essere la prima maglia rosa del Giro d'Italia 2016.

lunedì 7 gennaio 2013

L'Inter torna al passato: i "bidoni"!

Corsi e ricorsi della storia. L'Inter torna ai "bidoni". Disfatta la squadra del triplete, sono ricominciati gli ingaggi insensati, all'insegna di una tradizione pessima della prima era Moratti. Sul punto, segnalo, per non troppo dilungarmi, un sapido, efficacissimo, articolo apparso sul Corriere.it, che di "bidoni" nerazzurri tratta, prendendo spunto dal clamoroso, tecnicamente inspiegabile errore di Jonathan contro l'Udinese. Uno che gioca, mentre Santon se ne sta al freddo di Newcastle. Le strategie impagabili di Branca!

giovedì 19 aprile 2012

Forlan e Branca via dall'Inter

Forlan deve lasciare l'Inter. Perché ha avuto un rendimento scadente, che dimostra ingiustificato il suo ricchissimo ingaggio. Avere pensato di sostituire un asso come Eto'o con un giocatore a fine carriera come Forlan è la prova della confusione che regna in casa Inter. Branca, intanto, oggi duramente attaccato da Muntari in un'intervista concessa al Corriere della Sera, seguita a rimanere al suo posto. Ed invece dovrebbe andarsene insieme a Forlan, che lo stesso Branca ha inspiegabilmente voluto all'Inter. Non sono i soli responsabili, Branca e Forlan, ma certamente i simboli della stagione fallimentare dell'Inter. Moratti ne tragga le dovute conseguenze.