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lunedì 27 aprile 2020

I 60 anni di Walter Zenga. Il portiere immaginifico

Gli anni '80 sono stati gli ultimi davvero spensierati. Peraltro, seguivano i lugubri '70, quelli degli attentati e degli scontri di piazza, del terrorismo, della strategia della tensione, della crisi petrolifera, dello scontro ideologico permanente. Poi, il reflusso. La pacificazione sociale, certo, anche l'edonismo, che si sarebbe detto reaganiano, nuovi anni '60, più patinati, più glamour, meno sinceri anche. E più superficiali, di sicuro. Anni giovani, comunque. Di diffuso benessere, l'Italia entrava tra le cinque maggiori potenze economiche del mondo. Milano, la città di Craxi presidente del Consiglio socialista, il primo, tra il 1983 e il 1987, era il traino del Paese, ché nazione non si poteva più dire da tempo. La città della moda e della Borsa. E dell'Inter, poiché il Milan, prima dell'avvento di Berlusconi, s'era fatto due anni di purgatorio in serie B. Zenga divenne titolare della porta nerazzurra a 23 anni, nel 1983. E di quella Milano da bere divenne il simbolo audace e scapigliato. Incarnava, più di chiunque altro, sulla sua moto e tra i pali, la gioventù sbarazzina e fiduciosa dell'epoca. E si credeva che non potesse invecchiare. E invece, domani, Walter Zenga compirà 60 anni! Volava Zenga, il suo colpi di reni, che gli consentiva parate prodigiose, mai più riviste, che indusse Brera a dirlo Deltaplano, fu il gesto tecnico rappresentativo di una decade calcistica irripetibile. Quando la serie A era il centro del mondo del pallone. Bandiera nerazzurra e portiere della nazionale di Vicini. Lo scudetto dei record del 1989, le due Coppe Uefa del 1991 e del 1994, quando fu costretto a un doloroso, precoce, ingiusto congedo. La beffa ad Italia '90, con primato d'imbattibilità e, no, non sbagliò sul gol di Caniggia. Il tempo è passato. Anche per lui. Per noi tifosi, che allora eravamo bambini o ragazzi, Zenga avrà sempre vent'anni. Inarcato all'indietro a respingere un pallone che altri nemmeno avrebbero visto. Il più forte portiere del mondo di allora. Tra i massimi di sempre. 
File:Walter Zenga - 1987 - FC Inter.jpg - Wikipedia
Walter Zenga

mercoledì 12 ottobre 2016

Zenga è stato più forte di Buffon

Zenga è stato più forte di Buffon. Un tweet di questo tenore, che ho pubblicato ieri alla notizia dell'assegnazione a Buffon del Golden Foot ha scatenato una ridda di commenti, piccati e polemici, della grande famiglia del tifo bianconero. Nemmeno avessi disconosciuto il valore di Buffon, che resta altissimo. Eppure avevo già pubblicato, circa quattro anni fa, una classifica dei primi dieci portieri della storia, secondo il mio fallibile giudizio, anteponendo, fra gli altri, Zenga a Buffon. Alcuni, sempre ieri, nella foga tuittarola, hanno tirato fuori, sai la fantasia!, la pretesa papera di Zenga ad Italia '90, che non ci fu. Brera, sulla Repubblica, il giorno dopo, a Zenga diede sei in pagella, scrivendo che non aveva potuto anticipare Caniggia. Fu quello che accadde. E pure questo l'ho scritto in un post. Ad ogni modo, tanto per essere chiaro, ribadisco: Zenga è stato più forte di Buffon. Migliore, nettamente migliore tra i pali, dove letteralmente volava, come un deltaplano scriveva sempre Brera, nelle uscite basse ed anche nella personalità. Ha avuto peggior stampa di Buffon. Questo sì. E Sacchi, che, per ragioni metacalcistiche, l'ha escluso dalla nazionale a 32 anni. Ma, insomma, piaccia o meno ai lodatori del tempo presente, Zenga è stato più forte di Buffon. Ed in nazionale ha una media gol di 0,36 a partita contro quella, non esaltante di 0,84 a partita di Buffon.

martedì 25 novembre 2014

Zenga non sbagliò sul gol di Caniggia ad Italia '90

Storia della colonna infame sportiva. Ecco, avrebbe dovuto essere questo il titolo più o meno manzoniano del post. Ma, insomma, per semplificare, si dirà che Zenga non sbagliò nelle semifinali mondiali del 1990 contro l'Argentina, che il gol di Caniggia fu un errore di squadra e dei difensori e non di Zenga. Donadoni, sfiatato, perde palla goffamente sulla trequarti avversaria, anzi propriamente la regala. Parte un contropiede manovrato dell'Argentina, palla a Maradona metà campo, triangolo, palla a Troglio, cross e palla, strana, bizzarra, soprattutto bassa, bassa come Caniggia, vicino all'area piccola, Ferri non interviene, Baresi nemmeno, se Zenga restasse in porta, la zuccata di Caniggia verso il palo lontano finirebbe in porta comunque. Zenga esce, ma la palla è bassa, bassa come Caniggia. E la palla finisce in porta. Ci sarebbe finita comunque. Eppure la storia verrà raccontata così: errore di Zenga, Italia eliminata. Non si parlerà invece di un contropiede che mai sarebbe dovuto partire, di un centrocampo azzurro che non contrasta gli argentini, di Baresi e Ferri che nemmeno riescono ad assestare una spallata di gioco a Caniggia. Né si parlerà degli errori precedenti di Vialli, paragonabili soltanto a quelli di Del Piero ad Euro 2000 contro la Francia. Non si parlerà dei rigori oratoriali calciati da Serena e Donadoni. Non si parlerà dei cambi sbagliati da Vicini, che tira fuori un rigorista scelto come Giannini, che esclude dall'inizio un Berti in grande forma, per schierare De Agostini che si pesta i piedi con Maldini. Di tutto questo non si parlerà. Perché c'è il capro espiatorio. Zenga. E la sua uscita improvvida. Che improvvida fu. Ma, soltanto per lui. Quella palla, bassa come Caniggia, finita sulla testa di Caniggia, che era basso come quella palla, in porta ci sarebbe finita comunque, anche se Zenga non fosse uscito. Uno studio appena scientifico di quella traiettoria lo dimostrerebbe. Storia di una colonna infame sportiva. Zenga non sbagliò. Non fu sua la colpa se la nazionale italiana più forte degli ultimi 40 anni, dopo quella del 1982, mai sconfitta nei tempi regolamentari, non vinse quel mondiale delle notti magiche.

lunedì 26 maggio 2014

Storia dei mondiali di calcio: 15^ puntata (Italia '90, vince la Germania Ovest)

Dopo 56 anni, l'Italia torna ad ospitare i mondiali dopo quelli, peraltro stravinti, del 1934. L'Italia di Vicini, reduce dalle semifinali agli Europei del 1988 in Germania Ovest, ha i gradi di favorita, assieme alla stessa Germania ed all'Olanda di Van Basten, Gullit e Rijkard. L'inzio, però, è stentato. Vittoria sofferta contro l'Austria. Vialli è travolto dalle attese, il suo compagno d'attacco Carnevale capisce cosa significhi giocare senza Maradona alle spalle e ci vuole il subentrato Schillaci a rompere il ghiaccio con un gol di testa. Ne segnerà altri cinque e diverrà il capocannoniere di Italia '90, dei mondiali delle notti magiche come recita il titolo di una gettonatissima canzone cantata da Bennato e dalla Nannini. Contro gli Usa, seconda partita del girone, Vialli sbaglia un rigore prima di infortunarsi più o meno diplomaticamente. L'Italia vince con uno strepitoso gol del suo regista Giannini davanti ad uno stadio Olimpico festante. Contro la Cecoslovacchia ancora Schillaci e, finalmente accantonato Vialli, Roberto Baggio il grande. Parte da sinistra, scambia con Giannini, salta due avversari, e calcia con finta sapiente sul palo del portiere. Il mondo scopre il talento purissimo di un genio assoluto del calcio: in lui, Brera rivede i guizzi di Meazza. L'Italia avanza anche agli ottavi, battuto l'Uruguay con gol di Schillaci e di Aldo Serena, ed ai quarti, superata l'Irlanda ancora con Schillaci. In semifinale, l'Italia lascia Roma per giocare a Napoli contro l'Argentina di Maradona, che di Napoli è il re, gli hanno intonato canzoni, dedicato statue e finisce che i tre quarti del pubblico tifino Argentina piuttosto che Italia. L'Albiceleste, tolto l'immenso Maradona è poca cosa. Si salvano Burruchaga, che non è più saettante come in Messico, il libero Ruggeri, e l'attaccante "belli capelli" Caniggia. Vicini rispolvera Vialli e lascia in panchina Baggio: errore sesquipedale. L'Italia va in vantaggio ancora con Schillaci, ma Caniggia pareggia nella ripresa. La vulgata incompetente vuole Zenga responsabile di quel gol ed addirittura dell'eliminazione che seguirà. Una volta per tutte, Caniggia indirizza di testa all'angolino appena dentro l'area piccola. Se anche Zenga non fosse uscito, la palla sarebbe probabilmente entrata comunque. Peraltro, Caniggia viene lasciato colpire dallo stopper Ferri e non viene contrastato dal libero Franco Baresi, tutti campionissimi, che con Bergomi, capitano, e Maldini terzino sinistro, formano la difesa più forte che una nazionale italiana abbia mai schierato. Quello è il primo gol che Zenga subisce ai mondiali, dopo un primato d'imbattibilità che ancora resiste nella Coppa del mondo di calcio. Detto questo il tempo per recuperare ci sarebbe, ma Vicini non riesce a trasmettere la giusta carica ai suoi. Seguono supplementari e rigori. L'Italia viene eliminata, come accadrà anche quattro ed otto anni dopo. Nell'altra semifinale, sempre ai rigori, passa la Germania Ovest, capitanata da Matthaeus contro l'Inghilterra di uno strepitoso Gascoigne. In finale, sarà un rigore di Brehme ad assegnare alla Germania Ovest il terzo mondiale della sua storia. Seconda l'Argentina di Maradona, terza l'Italia che batte l'Inghilterra nella finale per il terzo posto. (1^ puntata2^ puntata3^ puntata4^ puntata5^ puntata, 6^ puntata7^ puntata8^ puntata9^ puntata10^ puntata11^ puntata12^ puntata13^ puntata, 14^ puntata)