Elenco blog personale

Visualizzazione post con etichetta Burgnich. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Burgnich. Mostra tutti i post

mercoledì 26 maggio 2021

Addio a Tarcisio Burgnich: eroe della Grande Inter

Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Peirò, Suarez, Corso

Avevo appena finito di ricordare che, 50 anni fa, era scomparso Armando Picchi, libero e capitano della Grande Inter, quando mi sono accorto che era venuto a mancare Tarcisio Burgnich che, di quella squadra leggendaria e paradigmatica e irripetibile e iconica di una stagione meravigliosa, era stato il terzino destro, il gladiatore, il marcatore arcigno e insuperabile. Spalle larghissime, quadricipiti poderosi, stacco imperioso. Il tormento per ogni attaccante, che si aggirasse dalle sue parti. Classe 1939, visse tutta l'epopea di quella squadra voluta e plasmata da Angelo Moratti ed Helenio Herrera. E riuscì a vincere anche dopo, lo scudetto in rimonta del 1971, quando della Grande Inter erano rimasti lui, Facchetti, Mazzola, Jair e Corso. La formazione sopracitata divenne una cantilena, una filastrocca. C'è una scena di Ecce Bombo di Nanni Moretti che lo spiega plasticamente. E fu colonna anche della nazionale Tarcisio Burgnich, campione europeo nel 1968 e vicecampione del mondo nel 1970, passando gli ultimi anni di carriera, nel ruolo di libero, perché aveva anche acume tattico a chili il formidabile difensore friulano. Che la terra gli sia lieve.

mercoledì 17 giugno 2020

Messico e nuvole: Italia-Germania 4-3 50 anni dopo

"Messico e nuvole / La faccia triste dell'America / Il vento soffia la sua armonica / Che voglia di piangere ho" (Paolo Conte)

Sono passati 50 anni, tanti. Da quel 17 giugno 1970, quando l'Italia si fermò per assistere ad una partita, che sarebbe divenuta proverbiale. La semifinale dei campionati del mondo di Mexico '70, ancora nominati Coppa Rimet.

File:Commemorative plaque Aztec Stadium.jpg - Wikipedia
Targa celebrativa della partita del Secolo
Italia-Germani 4-3, Mexico '70

L'Italia, campione d'Europa in carica, era giunta in semifinale tra molti stenti, dipesi dall'altura, dalla rarefazione dell'aria sopra i 2.000 m - anzi i 2.500 m, considerato che le prime quattro partite furono giocate a Toluca, 2.660 metri sul livello del mare - dalla cosiddetta maledizione di Montezuma, che attentava alle viscere dei giocatori.

La staffetta Mazzola-Rivera.
La spedizione azzurra era partita tra mille polemiche. Centro delle quali era Gianni Rivera, capitano del Milan e pallone d'oro in carica, entrato in rotta di collisione con il capo delegazione Mandelli. La stampa si divideva tra lui e Mazzola. Mazzola Sandro, figlio dell'immenso Valentino, che era capitano dell'Inter. Mazzola, dopo avere terrorizzato per un quinquennio le difese di mezza Europa con la sua velocità, il suo dribbling stretto ed il tiro fulmineo, secco, anticipato, aveva deciso di arretrare a mezzala. Forse per avvicinarsi al mito paterno. Da lì erano nati, più nella testa degli addetti ai lavori che in campo, problemi di coesistenza con Rivera. Che pure era un sontuoso dieci, dal tocco elegante ed illuminato, ma, come sosteneva Brera, di poco nerbo atletico. A conti fatti, i due avrebbero potuto coesistere, avendo un gioco diverso e complementare. E giocarono assieme tanto in azzurro, prima e dopo Messico '70. Quando, a partire dai quarti di finale contro i padroni di casa, il tecnico Valcareggi optò per una staffetta tra i due. Il primo tempo a Mazzola, più dinamico e ficcante, il secondo a Rivera, per inventare in favore di Riva e Boninsegna, a ritmo calato e avversari più stanchi. A dirla tutta, Valcareggi, Rivera, non lo vedeva in campo dall'inizio a prescindere da Mazzola. Nella prima partita del girone eliminatorio, vinta 1-0 contro la Svezia, gol di Domenghini, Rivera non giocò affatto. Lo stesso accadde nella gara successiva contro l'Uruguay. Riverà entrò, proprio all'inizio del secondo tempo, contro Israele: altro pareggio a reti bianche. Ai quarti, contro il Messico, Rivera era entrato ad inizio secondo tempo al posto di Domenghini. Mazzola avrebbe poi raccontato di aver avuto problemi di stomaco, il solito Montezuma, alla vigilia della partita con il Messico, ai quarti. E fu allora  che Valcareggi programmò di fargli giocare il primo tempo, per far poi posto a Rivera. L'Italia vinse 4-1, con reti azzurre di Riva (2), Rivera, proprio lui, e un'autorete. In semifinale, forse per la scaramanzia tanto cara al mondo del calcio, si decise per la medesima mossa.

La partita.
Mazzola spese il suo gioco dalle parti di Beckenbauer, libero a modo suo, cioè vero regista arretrato e primaria fonte del gioco tedesco, annullandolo. L'Italia era attenta, ma non guardinga e trovò prestò il gol, 8' del primo tempo, con un diagonale mancino di Boninsegna. Uno che nemmeno ci sarebbe stato in quei mondiali, senza l'infortunio di Anastasi. E che, a Cagliari, aveva faticato a trovare l'intesa con Riva. Da lì in poi, azzurri in controllo. Dopo l'intervallo, fuori Mazzola, tra i migliori, dentro Rivera. Ma, i tedeschi sembravano non averne. E la partita si avviava al tramonto senza grandi colpi di scena. Fino al recupero, quando l'ala sinistra alemanna Grabowski crossò in area per Schnellinger, che pare lì si trovasse per prima raggiungere gli spogliatoi e sfogarvi la delusione dell'eliminazione. E il terzino milanista segnò in spaccata. Difesa azzurra assente, dal libero Cera a Facchetti, apparso sotto tono. Pareggio e supplementari.

I supplementari.
Fu ai supplementari che una partita tutto sommato noiosa prese una piega inaspettata ed epica. Cinque gol cinque. Prima il mortifero centravanti tedesco Gerd Muller, a rapinare un pallone vagante in area piccola - nuovo errore sesquipedale della retroguardia azzurra -, poi, Riva, con magico sinistro incrociato a pareggiare. Quindi Burgnich, roccioso terzino mai domo a riportare avanti gli azzurri. Poi, ancora Muller a sorprendere Albertosi e, proprio lui, Rivera, sulla linea di porta. Ma lo sceneggiatore più geniale della storia del calcio volle che, ripreso il gioco, da Facchetti palla a Boninsegna, corsa sulla sinistra, cross e Rivera, proprio lui, ad insaccare di piatto destro alla destra di Maier, che si tuffava dalla parte opposta. Italia-Germania, che era ancora Germani Ovest per la verità, 4-3 e la fama di partita del secolo. 

Il mito.
Sarei nato cinque anni più tardi, ma di quella partita ho sentito parlare sin da piccolo e ricordo il film sulla Rai che nel 1990 - prima dei mondiali di casa nostra, che avremmo dovuto vincere e non vincemmo - ne rievocò il clima, i sentimenti e gli umori. Ne ho letto mille e mille volte. Resoconti ed interviste. Ho visto e rivisto quella partita. Che, a dirla tutta, non fu bella, anzi piena di errori, però, provate a trovarne un'altra, più simbolica, più iconica e, sì, più rappresentativa di quel mistero senza fine bello, parole di Brera, che è il calcio. Sono 50 anni oggi. Ma, è come fosse ieri.

Città del Messico, Stadio Azteca
Mercoledì 17 giugno 1970, ore 16:00
Italia-Germania Ovest 4-3 d.t.s.
9^ Coppa Rimet (Semifinali)

Italia: Albertosi (Cagliari), Burgnich (Inter), Facchetti (Inter) -cap.-, Bertini (Inter), Rosato (Milan), Cera (Cagliari), Domenghini (Cagliari), Mazzola (Inter), Boninsegna (Inter), De Sisti (Fiorentina), Riva (Cagliari) - Sostituzioni: Rivera per Mazzola 46', Poletti (Torino) per Rosato 91' - C.T.: Ferruccio Valcareggi.

Germania Ovest: Maier, Vogts, Patzke (65' Held), Beckenbauer, Schnellinger, Schulz, Gabrowski, Seeler - cap. -, Gerd Muller, Overath, Lohr - C.T.: H. Schon.

Arbitro: Yamasaki (Messico)

Reti: Boninsegna (I) 8', Schnellinger (G) 90', G. Muller (G) 94', Burgnhic (I) 98', Riva (I) 104', G. Muller (G) 110', Rivera (I) 111'.

Spettatori: 105.000 circa.

martedì 6 giugno 2017

In memoria di Giuliano Sarti

Vola in cielo un altro eroe della Grande Inter, Giuliano Sarti, classe 1933. Un portiere schivo, pragmatico, essenziale, che fondava il suo gioco sul posizionamento e sul colpo d'occhio. Riluttante ai tuffi spettacolari od alle uscite spericolate, si mise in luce con la Fiorentina, vincendo lo scudetto del 1956, quindi approdò all'Inter di Angelo Moratti e di Helenio Herrera, che stava diventando grande, nel 1963, per vivere l'epopea degli scudetti ('65 e '66), delle Coppe dei Campioni e delle Coppe Intercontinentali. Un suo intervento sfortunato, contro il Mantova, anno di grazia 1967, mise , apparentemente, fine a quella saga leggendaria. E dico apparentemente, perché quell'Inter non è finita e non finirà, sempre viva nel ricordo di chi la vide trionfare in tutto il mondo, e nell'immaginazione di chi ne ha letto o sentito raccontare. Sarti difese anche, otto volte, la porta della nazionale. Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Peirò, Suarez e Corso. Non solo una formazione. Non solo una filastrocca. No, ma una lunga, lunghissima melodia belliniana. 

giovedì 4 ottobre 2012

I dieci migliori terzini destri della storia

Tocca ai terzini destri, categoria meno omogenea di quella dei portieri, dacché convivono nella classifica che propongo terzini marcatori, come Bergomi o Vogts, e terzini di spinta, di cui il brasiliano Djalma Santos fu il primo straordinario esempio. E' il limite di classifiche del genere, suggestive ma discutibili. Cosa ne pensate?
Aggiornamento del 27 ottobre 2023: estendo la classifica fino ai primi 36.
1. Carlos Alberto
2. Djalma Santos
3. Bergomi
4. Maicon
5. Vogts
6. Cafu
7. Burgnich
8. Suurbier
9. Thuram
10. Lahm
11. Dani Alves
12. Phil Neal
13. Kaltz
14. Gentile
15. Gary Neville
16. Carvajal
17. Rosetta
18. Alexander-Arnold
19. Nelinho
20. Chendo
21. Azpilicueta
22. Ferrara
23. Van Aerle
24. Zambrotta
25. Amoros
26. Berthold
27. Olguin
28. Dietz
29. Walker
30. Josimar
31. Tassotti
32. Ballarin
33. Gerets
34. Marquitos
35. Viv Anderson
36. Panucci