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martedì 16 marzo 2021

Ritratto tecnico di Lautaro Martinez

Quando il nome di Lautaro Martinez fu accostato all'Inter, circa tre anni fa, pochi lo conoscevano. Decisi d'informarmi, guardai qualche video, ero incerto, fin quando m'imbattei in una dichiarazione di un campione tanto grande quanto schivo, Ardiles, centrocampista funambolico campione del mondo con l'Argentina nel 1978: ne parlava come di un grande attaccante, veloce, tecnico e grintoso. Mi bastò. Il parere dei calciatori sui calciatori - non sul calcio in assoluto, ma sui calciatori - per me è generalmente decisivo.

Lautaro, pian piano è andato confermando le belle parole che su di lui spese Ardiles. Ecco, ora che lo conosciamo tutti meglio, di Lautaro vorrei provare a tracciare un ritratto tecnico. Di statura ridotta - visti i tempi di marcantoni e lungagnoni -, Lautaro, a dispetto del suo 1,74 m, è un formidabile colpitore di testa. Per elevazione - ricorda il connazionale Aguero, ma anche il tedesco Riedle, o i cileni Zamorano e Salas, per restare in ambito nerazzurro, invece, Carletto Muraro -, coraggio, scelta di tempo e qualità d'impatto, è tra i migliori in circolazione. Per esempio è molto più forte, in questo fondamentale, di Lukaku, cui rende 16 cm, o, tornando indietro, di Adriano. Perché la statura non basta e conta sino ad un certo punto. Ha tecnica notevole Lautaro Martinez, nello stop, anche orientato, come si dice in covercianese, tanto che spesso gli basta per liberarsi del primo marcatore, ha dribbling stretto, scatto fulmineo e tiro secco, con entrambi i piedi. Tiro spesso eseguito di prima intenzione. Non brilla invece per freddezza in area, dove non sempre capitalizza le occasioni che gli capitino, sia perché sbaglia la scelta - e con l'esperienza potrà migliorare - sia perché il moto perpetuo e il sacrificio in copertura gli tolgono lucidità. Ha un grande temperamento e non teme il confronto fisico con avversari più massicci di lui. La sua forza maggiore è nelle gambe. A 23 anni e mezzo, è già uno dei migliori attaccanti del mondo.

mercoledì 8 gennaio 2020

Gli artisti del dribbling: El Magico Gonzalez

Mundial di Spagna, 1982, l'Argentina campione del mondo in carica, capitanata da Daniel Passarella, allenata dal letterario Menotti e illuminata dal talento pazzesco del giovane Diego Armando Maradona, ma vi gioca anche un prestigiatore della pelota come Ardiles, incontra El Salvador, terza partita del gruppo n. 3: vince l'Argentina 2-0, con gol di Passarella, su rigore, sì perché era ancora il caudillo a comandare nell'Albiceleste, e Bertoni. Gli occhi di tutto il mondo sono, giustamente, puntati su Maradona, ma ad impressionare è un tal Gonzalez, che in patria chiamano "El Magico". Tarchiato, sgraziato, ha una tecnica impressionante, un repertorio sterminato di finte e cambi di direzione, un gusto della giocata provocatoria alla Sivori, post litteram, o alla Denilson, ante litteram. Dribbla tutti, più volte, in modo sempre diverso, di destro e di sinistro. Incanta. Anche Maradona. Che più volte, con una certa iperbole, lo descriverà come il miglior giocatore mai visto. Voleva forse intendere il miglior giocoliere? La verità, è probabile, sta nel mezzo. Giocherà anche in Europa El Magico Gonzalez. Vita borderline, nessuna disciplina. Però, guardate qualche immagine: un dribbling come il suo ha pochi riscontri nella storia del calcio.

martedì 12 giugno 2018

Ha ragione Tevez: tecnica dimenticata in Italia. Mancano i campetti di una volta. Lautaro Martinez è davvero forte

Bella intervista sul Corriere della Sera di oggi a Carlitos Tevez da parte di Carlos Passerini. Il campione argentino, declinante in campo, ma sempre simbolo del Boca Juniors, ha detto che il livello tecnico, tra i calciatori italiani, si è abbassato, da qualche anno, perché non si gioca più per strada, sui campetti di fortuna, ancora frequentati in Argentina, dove la tecnica s'impara per forza, dove ci s'ingegna a schivare colpi e a non cadere, a gestire la palla in spazi angusti, ad inventare. Pochissima tattica, moltissima tecnica. Il contrario di quanto normalmente accada nelle scuole calcio nostrane. Per inciso, Tevez ha anche lodato Lautaro Martinez. Le sue parole, che seguono, fra molte altre, quelle pronunciate alcuni mesi fa da Ardiles, sono, per me, la prova che Lautaro Martinez, lo conosco poco, è davvero forte. Uso l'indicativo non a caso.

sabato 24 febbraio 2018

Ardiles elogia Lautaro Martinez

Lautaro Martinez, dal poco che avevo visto, mi era sembrato bravo ma non bravissimo. Impressioni fugaci. Ora, però, ho letto degli elogi nei suoi confronti da parte di Ardiles, leggendario centrocampista argentino, campione del mondo nel 1978 con Kempes e Passarella. L'opinione di Ardiles, la cui cifra tecnica era elevatissima, mi interessa molto. Un campione sa sempre riconoscere un altro campione. Mi riprometto di valutare meglio le qualità di Lautaro Martinez. Dev'essere forte, se l'ha detto Ardiles.