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giovedì 29 dicembre 2022

Un saluto a Vittorio Adorni

Uno dei massimi ciclisti degli anni '60, quando ancora il ciclismo contendeva al calcio il titolo di sport nazionale, Vittorio Adorni, classe 1937, da poco scomparso. Alfiere di una nuova generazione di corridori italiani da Bitossi a Zilioli, da Dancelli a Balmamion, da Motta a Gimondi.  I suoi successi più noti furono il Giro d'Italia del 1965 e il campionato del mondo di Imola, del 1968, conquistato con un fuga antica vicina ai 100 km. Al Giro fu anche due volte secondo e due volte quarto, quinto, settimo e decimo. E seppe piazzarsi tra i primi dieci della generale anche a Tour e Vuelta. Vinse anche un Giro della Svizzera, nel 1969. Fosse stato appena più veloce allo sprint, avrebbe vinto anche qualche classica monumento solo sfiorata. Alla Faema, corse con il giovane Merckx, scortandolo nel successo al Giro del 1968. Che lo stesso Adorni chiuse al secondo posto davanti a Felice Gimondi, che completò un grandissimo podio. Passista potente, capace di tenere in salita e di letture tattiche sempre acute, che poi propose anche da commentatore al fianco di Adriano De Zan sulla Rai. Non dimentico il racconto della meravigliosa cavalcata di Gianni Bugno al Giro d'Italia del 1990, in maglia rosa dall'inizio alla fine. Adorni disse fin dai primi giorni che l'impresa era possibile. Sapeva di ciclismo. 

venerdì 25 settembre 2020

Imola 1968: l'impresa mondiale di Vittorio Adorni

Nel 1968, Vittorio Adorni aveva già 31 anni. Due anni dopo avrebbe smesso con il ciclismo. Restava un corridore molto competitivo e correva nella stessa squadra del campionissimo per eccellenza, già lo era o stava per diventarlo, il belga Eddy Merckx. Adorni in quel 1968, l'anno delle contestazioni che sconvolsero e cambiarono per sempre la storia d'Italia, era stato quinto alla Vuelta e secondo al Giro, proprio dietro a Merckx. Era già stato protagonisti ai mondiali: nel 1964, in Francia, Sallanches, era giunto secondo, allo sprint, dietro all'olandese Janssen e davanti al beniamino di casa Poulidor. Ai mondiali di Imola 1968, Adorni non era indicato tra i favoriti. L'italia si affidava piuttosto a Gimondi per contenere lo strapotere di Merckx. Ma, sorretto da una straordinaria condizione, Adorni andò presto in fuga con i migliori e, poi, per conto proprio, compiendo un'impresa solitaria che gli permise di vincere il campionato del mondo con 9'50" sul belga Van Springel e 10'18" sul compagno di nazionale Michele Dancelli e poi arrivarono Bitossi, Taccone e Gimondi. I 90 km di fuga solinga di Adorni sono una delle pagine più belle del ciclismo moderno. Poche volte la nazionale italiana di ciclismo su strada è stata così forte: cinque azzurri tra i primi sei classificati. Dopo 52 anni, domenica 27 settembre, il mondiale torna ad Imola!

mercoledì 6 maggio 2020

Tour de France 1965: l'impresa di Gimondi

Il 1965 fu un anno d'oro per il ciclismo italiano. Vittorio Adorni aveva conquistato il Giro d'Italia e intendeva correre il Tour de France con ambizioni di classifica, forte di una squadra solida, alla quale, in sostituzione di Babini, venne al'ultimo aggregato il giovane Felice Gimondi, classe 1942. Le speranze francesi erano appuntate su Poulidor, vista l'assenza di Anquetil, l'elegantissimo campione normanno che aveva portato a cinque il numero dei Tour conquistati. Allora primato assoluto, poi eguagliato da Merckx, Hinault e Indurain. Gimondi vinse la terza tappa da Roubaix a Rouen e vestì la maglia gialla, che perse a La Rochelle e riconquistò due giorni dopo sui Pirenei, dopo la frazione che giungeva a Bagneres-de-Bigorre. L'avrebbe tenuta sino a Parigi, ormai capitano unico dopo il ritiro di Adorni, annettendosi le due cronometro del 10 e del 14 luglio, festa nazionale francese e tappa  finale celebrativa da Versailles a Parigi. Vani furono gli assalti al suo primato portati da Poulidor in salita, specialmente nella durissima tappa del Mont Ventoux, la cima cara al Petrarca: Gimondi quel giorno rischiò di saltare per voler rispondere agli scatti di Jimenez, Motta e Poulidor. Non saltò, però, offrendo la prima delle molte prove di straordinaria tenacia che avrebbero distinto la sua carriera. Per Poulidor sarebbe stato il secondo di otto podi al Tour, senza mai, durissima beffa del destino, indossare una sola maglia gialla. Gimondi riportava un italiano in trionfo a Parigi, dopo i successi di Bottecchia (1923, 1924), Bartali (1938, 1948), Coppi (1949, 1952) e Nencini (1960). Per rivedere un italiano in cima alla classifica del Tour de France, sarebbero poi trascorsi 33 anni, con la vittoria di Pantani del 1998. Oltre al primo posto di Gimondi, ci fu il terzo di Gianni Motta, che sarebbe stato il suo grande rivale italiano per molti anni. Da pochi mesi era approdato al professionismo anche un giovane belga, Eddy Merckx, che avrebbe vinto tutto, dappertutto, più di tutti. Costringendo Gimondi a molte piazze d'onore. Ciò non di meno, Gimondi dopo quel Tour del 1965 che lo rivelò al mondo, avrebbe vinto tre Giri d'Italia, una Vuelta a Espana, una Sanremo, una Roubaix, due Lombardia, un mondiale e tanto, tantissimo altro. Nonostante Merckx.
File:Felice Gimondi en 1966.jpg - Wikimedia Commons
Felice Gimondi