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venerdì 6 marzo 2020

L'Atalanta, Agnelli e la Champions

Potrebbe essere, quello di questo post, il titolo di una favoletta di Esopo o di Fedro. Tutto sommato, i meccanismi psicologici retrostanti alle dichiarazioni di ieri di Agnelli sono sovrapponibili a quelli raccontati in quelle storie senza tempo. Ed ognuno tragga da ciò le proprie conclusioni. Nel merito, l'Atalanta merita di stare in Champions League, perché nello sport, non conta il passato e il blasone cambia e si reinventa continuamente. Il Genoa ne aveva ben altro, in Italia, negli anni '20, pur essendo ormai al canto del cigno dei successi. Il Feyenoord, ne scrivevo ieri, vinse inaspettatamente nel 1970 la massima coppa continentale, espressione di un paese, l'Olanda, che era stato fino ad un paio di anni prima calcisticamente minore. L'Ajax aveva, in effetti, appena perso in finale dal Milan nel 1969, ma prima? E il Nottingham Forest di Brian Clough, due Coppe dei Campioni (1979 e 1980), quando fino a tre anni prima stava nella seconda divisione inglese? Il blasone cambia, si ottiene, si perde, si può ottenere di nuovo. Sicché, contrariamente a quanto suggerito da Agnelli, l'Atalanta ha oggi più titolo della Roma a giocare in Champions. Fra qualche mese potrà essere diverso. Chi lo sa? Sarebbe utile, in Italia, tornare a studiare la storia. Anche soltanto tornare a studiare. Si eviterebbero certi scivoloni. Tutto cambia. Nel mezzofondo, atletica leggera, per anni dominarono i finlandesi, oggi scomparsi dalle liste di partenza. E domina l'Africa Orientale. E nell'amatissimo, da chi scrive per lo meno, ciclismo? Quanto si è allargata la fascia dei paesi capaci di produrre campioni e risultati?  Non è più solo questione tra Italia, Francia e Belgio. Non è il blasone a vincere, è il talento, l'impegno, la costanza, l'organizzazione. Il blasone può aiutare. Niente di più.

5 commenti:

  1. Negli ultimi 24 anni, juventus ed atalanta hanno vinto gli stessi trofei europei. E comunque gli orobici ne hanno il doppio della Roma.

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  2. L'ECA ormai sono un paio di anni che spinge per avere delle qualificate "per blasone", anzi potessero slegarsi dalla UEFA Juve, Inter, Barça, Real, le inglesi si sarebbero già fatte la loro superlega dove magari la terza italiana sarebbe addirittura il Milan e le inglesi entrerebbero in 6/7.
    Comunque anche l'altra proposta (quella del Copenhagen) andrebbe a penalizzare pesantemente una squadra come l'Atalanta visto che si qualificherebbero sempre le prime quattro ma per decidere a quale turno si userebbe il ranking storico quindi varie squadre di campionati oggigiorno minori ma con blasone che si fanno regolarmente i preliminari andrebbero automaticamente più avanti relegando magari a 2/3 turni preliminari una quarta italiana, spagnola o inglese senza blasone.

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  3. A latere però va detto che Feyenoord, Ajax e Nottingham ci andavano dopo aver vinto il campionato a giocarsi (e vincersi) la vecchia Coppa dei Campioni, con il terzo o quarto posto se lo sarebbero sognato e al massimo si sarebbero fatti la Coppa UEFA. Io da nostalgico la rimpiango quella Coppa dei Campioni ma pure quella Coppa UEFA che che era di valore altissimo comparata con l'attuale Europa League con quinti, sesti e settimi, per non parlare dell'eliminazione diretta fin da subito che per me dovrebbe essere tassativa (ma pure a Europei e Mondiali) per dare maggiore interesse rispetto all'inutile gironcino che serve solo a ridurre al minimo le possibilità di exploit e pure in casi disperati c'è comunque il paracadute in Europa League.

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  4. È cambiato molto. E preferivo il sistema anni '80. Va tenuta in conto anche la sentenza Bosman, che ha iniziato a scavare un solco tra le grandi e le piccole squadre. Solco poi accentuato dai diritti televisivi e dal fair play finanziario. Prima, poteva saltar fuori anche una grande sbelga o svedese. Oggi, è impossibile. Cosa sarebbero le squadre inglesi, pur in un momento di buona fioritura di talenti autoctoni, con 2 0 3 stranieri per squadra? Il calcio è saltato a metà anni '90.

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